Minchia sti PISCI CI SUNNU !?
Peppe | |
FOTO
ingrandita » ( 80 Kbyte ) continua... E' una
mattina come tutte le altre e, come sempre, da quando sono in pensione, mi faccio
il solito giro di perlustrazione: giù dal tombino sulla spiaggia per decidere
quale tipo di pesca fare. In testa ho ancora quella celebre esclamazione che ho
pronunciato quando qualche settimana fa mio nipote "Gio" il romano mi
ha messo sotto gli occhi quel meraviglioso dentice la cui foto è stata
pubblicata sul vostro sito: "minchia sti pisci ci sunnu?!?|!?!. [
232 ]2006 Big Praio a sorpresa
( Giò - Calabria ) C'è un pò di maretta di scirocco
poco raccomandabile per cui scarto subito l'ipotesi di uscire a traina dalla barca
a tonnetti e mi faccio ua passeggiata salutare lungo la riva nella speranza di
trovare quei gamberetti scaraventati dalle onde che utilizzo con successo nella
pesca con il bolentino di profondità ai " mupi" cioè agli
occhioni . Incontro come al solito il mio amico Pasquale che come sempre appena
mi vede scarica a valanga le solite balle: "Peppe (il figlio) ieri ha preso
18 alletterati, circa 30 chili". Ormai sono abituato e non ci faccio più
caso. Lascio Pasquale intento a far fare la pipi al suo cagnolino, proseguo ancora
per una diecina di metri e mi imbatto in un totanello che le api stavano già
iniziando a divorare.
Lo prendo lo pulisco dalla sabbia e la mia
mente ritorna ancora sul dentice di Giovanni, lo porto a casa e lo metto nel freezer.
Il suo colore rosso vino molto attraente mi invita a sognare. Decido di tentare
il giorno successivo. Il mare si era calmato e al vento di scirocco era subentrato
un leggero maestrale che aveva liberato lo Stretto dalle nubi del giorno prima
e che adesso permetteva di ammirare l'Etna in tutta la sua maestosità.
Erano quasi le otto e Luigi stava rientrando con la sua barchetta a remi perché
alle 9 deve aprire il negozio. Ho tutto pronto: circa 200 metri del
monofilo del 100 ,5 metri di terminale del 90 con due ami 2/0 inseriti ad arte
nel totano e per zavorra una pietra di circa mezzo chilo: la stessa lenza che
"Gio" partendo mi aveva lasciato. Chiedo a Luigi se mi porta dentro
la lenza. Per lui in questa stagione sempre con questa tecnica primordiale solo
una grossa ricciola di 15 Kg , un grosso grongo e qualche murena oltre ai soliti
polpi quotidiani che lui utilizza per esca. Accetta malvolentieri
mormorando:."sulu cu culu du romanu ti po' sarbari". Alludeva
alla fortuna che aveva avuto suo cugino Giovanni e non pensava che l'evento si
sarebbe potuto ripetere visto che per lui la settimana non aveva riservato alcuna
sorpresa. Mentre Luigi rema velocemente con il totano sulla poppa io libero il
filo dal grosso sughero fino a quando, raggiunto il punto strategico, Luigi fa
affondare la zavorra che porta ad una profondità di circa 60 metri quel
totanello trovato per caso. Infilo nella sabbia una canna di circa due metri,
lego il filo una volta teso alla stessa, sfilo altri 30 metri di lenza e affondo
il sughero nella sabbia coprendolo con un mucchio di pietre. Per più di
due ore rimango seduto ed in attesa accanto alla canna sfogliando con la fantasia
quel vecchio album in cui custodisco tante foto di ricciole e di barracuda catturati
a traina con la barca, ma la canna rimane immobile ed insensibile al mio stato
d'animo ed ai miei inviti a partire. Guardo l'orologio, sono le
11, e decido di rimanere ancora per un'ora e nell'attesa mi metto a pescare a
polpi o seppie dalla riva con il pesce ed il coppo (guadino) e mi allontano di
circa 100 metri dalla canna. Al secondo lancio rimorchio un bel polpo, entro in
acqua con gli stivali, lo trascino alla distanza giusta , alzo il guadino dall'acqua
e per il povero polpo non c'è scampo. Mi accingo poi a rilanciare la lenza
in acqua e rivolgo lo sguardo verso la canna ma non la vedo ,chiudo per un attimo
gli occhi, li riapro ma della canna nessuna traccia. Penso allora
ad uno scherzo ma sulla spiaggia non ho visto nessuno e Pasquale è risalito
da un bel pezzo. Mi vengono subito in mente quei racconti di mio padre su quelle
famose tirate che nel passato gli avevano portato via tutto e che erano rimaste
nella leggenda avvolte nel mistero e che lui non era riuscito mai a svelare, mi
convinco che non era affatto uno scherzo. Mi metto a correre verso la canna come
un pazzo ma la sabbia e gli stivaloni lunghi insieme alla tensione e all'emozione
è come se mi trattenessero. Con il cuore in gola raggiungo
il punto dove avevo piantato la canna dopo qualche minuto che a me è sembrato
un'eternità ma non la vedo. Guardo verso l'acqua e mi accorgo che galleggia
a circa trenta metri legata ancora alla lenza : il pesce aveva portato via tutto
il filo fino al sughero che per fortuna avevo sotterrato. La prima sensazione
che ho avuto recuperando filo è stata che il pesce si era liberato ma subito
si è fatto vivo e con una serie impressionante di strattoni, che mi hanno
costretto a restituire quanto avevo guadagnato, mi ha fatto capire che c'era,
che era qualcosa di grosso e che non intendeva arrendersi. Avvertivo
tirando e mollando nuovamente che il filo strisciava sul fondo e che poteva bloccarsi
e cercavo di tirare il più veloce possibile per sollevarlo ma Lui rispondeva
riguadagnando velocemente il fondo e mi consigliava molta cautela. Con il cuore
in gola cercavo di procedere con molta calma per non commettere alcun errore.
Dopo ripetuti tentativi sempre vani mi accorgo che la resistenza era diminuita
e che la lenza cominciava ad emergere. Solo adesso comincio a guadagnare filo
ed il pesce comincia a virare ora a destra ora a sinistra. Ho l'impressione che
sia una grossa ricciola e comincio a pensare come farò a portarla fuori
senza il gancio, quando inaspettatamente non oppone più alcuna resistenza
ed una figura maestosa emerge dall'acqua a circa venti metri dalla riva. E' un
meraviglioso esemplare di dentex gibbosus, per il caratteristico elmetto
sul dorso, chiamato il "tunisino" che, piuttosto che arrendersi, si
fa esplodere la sua vescica natatoria, che ricolma di aria per la frettolosa compensazione,
gli fuoriesce in modo vistoso dalla bocca e per lui è purtroppo finita.
Lo porto a riva e lui da ancora solo qualche segno di vita. Arriva
Pasquale che mi aveva visto correre dal balcone di casa ed esclama :"minchia
chi pisci!!!!!!". Non voglio apparire ipocrita ma vi giuro
che alla gioia iniziale subentra in me un certo dispiacere. E' un esemplare maestoso
dai colori bellissimi che incute rispetto e verso cui mi inchino quasi scusandomi.
Arriva adesso Luigi con le sue solite canne che infila nella sabbia per prenotarsi
per il pomeriggio e alla vista del dentice con una faccia che indica rabbia e
stupore esclama: "minchia chi culu"!!!!!! Sarà
stata forse una semplice coincidenza, sarà stato il destino o forse è
stato solo una questione di culo? A me piace invece supporre che sia stato mio
padre che mi ha voluto svelare l'artefice di quelle "tirate" che per
lui erano rimaste misteriose. Lo porto a casa e lo peso: 13,2 Kg. Poi la foto
di rito da inserire nel vecchio album dei ricordi e per finire un consiglio ed
una cortese richiesta . Facciamoli crescere! Non mancheranno da grandi
di farci vivere queste belle emozioni .. P.S. Giò ti aspetto
per una emozionante battuta di pesca!
Peppe il "professore".
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