L'appuntamento è alle ore sei al porto di Jesolo:
sono in leggero ritardo e fremo perché il mio equipaggio
non sgarra mai di un minuto.
La barca è pronta, attrezzata per ogni tipo di pesca.
Le previsioni meteo non sono tra le migliori; infatti, guardando
verso Trieste il cielo è piuttosto cupo, e l'atmosfera
appare livida. Qualche tuono in lontananza sottolinea la
presenza di una perturbazione, ma il mare è bello,
troppo bello, per rinunciare a priori.
Ci chiama lo sento.
Via dunque, rotta per 157°; direzione 13 miglia, dove
ci sono diverse secche, fra le quali due molto vicine tra
loro, in passato risultate piuttosto proficue.
Nel procedere verso la meta veniamo "distratti "prima
da alcuni salti fuor d'acqua di un tonno, poi dalle evoluzioni
di un branco di delfini. Per quante volte possa essere già
accaduto, la loro vista è da sempre considerata di
buon auspicio; quasi fosse un segnale di benvenuto che ci
dà il mare. La loro maestosa bellezza, va colta anche
come un monito a rispettarne, con un corretto prelievo,
il diritto alla sopravvivenza. Giungiamo nel luogo designato,
dove, con un certo disappunto, rileviamo che la secca è
già occupata da un'altra imbarcazione.
Le imprecazioni non si fanno attendere, soprattutto quando
vediamo salpare dei grossi pagelli. Ripieghiamo pertanto
sul vicino punto precedentemente citato. L'ecoscandaglio
ci fornisce immediatamente utili indicazioni e si distingue
chiaramente il fondo roccioso. A questo punto dovremo risolvere
il problema se pescare ancorati o a scarroccio.
La pesca allo scarroccio viene eseguita con poca corrente
e poco vento, in modo da scarrocciare lentamente, e solo
dopo aver individuato il branco possiamo fermare la barca
con l'ancora. Questa tecnica consente di individuare i pagelli
durante il tragitto che compie l'imbarcazione. Una volta
individuati i pesci basterà lasciare in mare un segnale
(una bottiglia di plastica) ancorato con un sagolino e un
piombo da 500 gr. Così facendo, una volta che durante
lo scarroccio le abboccate diminuiscono, basterà
rimontare la corrente o il vento per ritornare nei pressi
del nostro segnale. Decidiamo di ancorarci perché
la postazione ci appare ideale per la pesca del pagello.
Il pagello, infatti, è un pesce che in Alto Adriatico
predilige profondità che vanno dai 18 ai 30 metri,
anche se risulta frequente trovarlo su scogli isolati, dove
tende a riunirsi in branchi numerosi, per poi ritornare
al largo una volta riprodottosi.
L'alimentazione del "ribon", così viene
definito nel dialetto veneto, è assai varia: infatti,
si compone di molluschi, gamberi vivi, piccoli tentacoli
di totani, etc.. Con un pizzico di fortuna è possibile
catturare anche qualche sarago, sparide con il quale il
pagello si unisce frequentemente. Questo è il periodo
migliore per effettuare la pesca con il bolentino perché
tendenzialmente il pagello rientra sulle poste in autunno
inoltrato.
Il vantaggio di pescare ancorati, permette di effettuare
una prima pesca per togliere la minutaglia, per poi lasciare
posto ai sospettosi grossi esemplari che, scarrocciando,
verrebbero preceduti sicuramente sulla mangianza del pesce
piccolo. Capito il concetto di una corretta posizione della
barca rispetto al fondale, occupiamoci ora della nostra
attrezzatura.
( Attrezzatura
)
|