Traina in barca a vela ( 1 )
La proposta era di quelle allettanti, praticamente irrinunciabile.
Si trattava di andare a prendere una barca a vela acquistata dai
fratelli Antonio e Checco, "amici del cuore" ed esperti
marinai, oltre che velisti e malati di mare: la stessa razza insomma!
La barca è un Bavaria 300, risalente al periodo in cui
la Bavaria faceva delle barche veramente degne di questo nome.
Il venditore un anziano, appassionato tedesco che, per motivi
di salute non era più in grado di gestirla e che Dio lo
benedica data la quantità industriale di attrezzature ed
ammennicoli vari che ci ha lasciato negli stracolmi gavoni di
Grille, questo l'improbabile nome della barca. Il luogo di partenza
mi era particolarmente caro per precedenti frequentazioni in quello
splendido lato dell'Adriatico che è la Croazia.
Zara, incastonata come è nell'arcipelago delle Isole Incoronate
è una strana commistione di Europa continentale e Mediterraneo:
le razionali casette stile veneziano con i tetti rossi di tegole
si affacciano, abbracciandolo, ad un mare quasi caraibico. Il
quarto componente dell'equipaggio era Gigi, velista puro pluridecorato
con la vocazione del navigante: anche qui stessa razza!
Arrivati a Zara la mattina del venerdì molto presto con
il traghetto da Ancona ci siamo subito resi conto che il passaggio
di proprietà, sia materiale che formale era meno semplice
del previsto: avete mai messo a confronto la precisione tedesca
con la burocrazia croata? Provate per credere.
La nostra faciloneria mediterranea ed un po' levantina ne va
inevitabilmente sconfitta. Nonostante tutto alle dodici riusciamo
a mollare gli ormeggi e ad infilarci sotto un ponte che collega
due isole davanti a Zara, dove qualche anno fa abbiamo rischiato
di perdere l'albero per la leggerezza degli armatori nel calcolarne
l'altezza: "Passiamo? Siiiiiii non c'è problema!
Ma sei sicuro? Siiiii dai! Attento! Dleng dleng dleng."
E' il rumore dell'antenna VHF che sbatte sotto i ferri del ponte:
un po' di alta marea e non lo stavo a raccontare! Questa volta
l'albero era più basso e non c'è stato problema.
All'uscita dello stretto, imboccato il canale tra due isole con
rotta SW, la solita termica sui 25 nodi ci accoglie allegra, per
fortuna questa volta di poppa. Come al solito la mia vita è
costellata di "scienziati" e dunque si decide di issare
l'MPS portato da Gigi (fioccone in tessuto leggero tipo spi).
Io al timone all'atto dell'issata sento: "Ma è enorme!"
La vela con la penna in testa d'albero strusciava in basso sull'acqua
come la rete di una paranza; nonostante ciò la barca filava
ad otto nodi che era una bellezza.
Sicuramente col vecchio proprietario non aveva mai raggiunto
velocità simili. Da quel momento si è capito che
il vecchio Grille stava per vivere una seconda giovinezza; ma
si era solo all'inizio. Ancora non avevamo deciso la direzione
precisa da prendere consci che alla fine a decidere è sempre
il mare; l'intento era di avvicinare quanto più possibile
la barca al Salento: Brindisi od Otranto, visto il poco tempo
a disposizione erano già mete "di lusso".
Usciti dalle Incoronate facciamo rotta 150°, ma la speranza
di fermarsi in qualche isola croata per una cena a base di pesce
non era ancora scemata. Così venerdì, data la difficoltà
di effettuare eventuali manovre per il vento in poppa non riesco
nemmeno a calare la fida 30 lbs che mi ero portato dietro, suscitando
la diffidenza dell'amico Gigi.
Si sa i velisti. Dopo una nottata col vento in calo, la mattina
dopo di buon'ora, come dal cilindro di un illusionista estraggo
tutta l'attrezzatura da traina "da viaggio": gancio
del raffio da montare sul mezzo marinaio, canna in due pezzi,
mulinello da 30 lbs con frizione a leva e quello che io chiamo
il breviario dello zio hernest: un raccoglitore a libro con una
ventina di esche nei fogli di plastica trasparente. Installata
la canna nel pulpito di poppa con degli elastici provvisti di
ganci inizia il solito scervellamento per trovare l'esca giusta.
Oltre all'assenza di segnali che potessero far presupporre la
presenza di pesce dovevo combattere anche con la diffidenza del
solito Gigi che affermava una serie di elementi negativi ai fini
della buona riuscita della trainata: la velocità è
troppo elevata, in questo tratto di mare non ho visto mai pesce
ecc. Mi sembrava quel comico di Zelig che fa il meccanico della
Ferrari quando imita Schumacher: "Ma questa macchina è
troppo macchina, il davanti è troppo davanti, le ruote
sono troppo tonde" ecc.
Fatto sta che per tutta la giornata con un mare olio ed assenza
di vento non ottengo nessuno strike mentre con la prua a Brindisi,
tagliando l'Adriatico per lungo, si vanificano anche le ultime
speranze di pranzare in un bel ristorante in riva al mare. Nel
pomeriggio la monotonia della lunga navigazione viene interrotta
dall'arrivo di un bel gruppo di delfini. Infilati sotto la poppa,
con le loro evoluzioni, portano sempre allegria nell'equipaggio.
( Continua
)
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