Il nostro primo tonno.
(imbarcazione Nojo Prima S.B.T.)
San Benedetto del Tronto
Era un sera intorno a Ferragosto, quando infervorati dalle notizie
di numerose catture di tonni, io e mio fratello Piero decidemmo
di effettuare la nostra prima uscita entro la settimana.
Organizzammo tutto acquistando tutta l'attrezzatura che mancava
(praticamente quasi tutto).
In attivo avevamo solo una vecchia, ma sempre valida, Hemingway
manico stweart 80 lb armata di Everoll 12/0, caricato per eccesso
di sportività con del puro 0,90 da 80 lb. Acquistammo una
130 lb Mediterranee Italcanna e relativo mulinello Gladiator 14/0
e già ci sentivamo protagonisti de "Il vecchio e il
mare".
Quel giorno ci trovammo in porto al mattino intorno alle 7,30
per mettere a punto gli ultimi particolari non prima di essere
passati al forno di fiducia a prendere una buona scorta di pizza.
Caricammo 5 casse di sarde e due sacchi di pastura a grana grossa
(oltre a birra, acqua, Gatorade, etc.) e mettemmo in moto il nostro
Faeton 710. Ricordo che i giorni precedenti li avevamo trascorsi
a chiedere in giro ai pescatori più esperti, delle dritte
sul come ci si deve comportare in caso di allamata.
Mi feci aiutare a legare alcuni ami e confezionare i Bimini
sui fili. In particolare ricordo le parole di Peppe "lu roscio"
(imbarcazione Calafuria Big Game "Camilla" ) che mi
disse in modo lapidario: la più grossa disgrazia che ti
può capitare la prima volta che vai, è allamarne
uno grosso!
Usciti dal porto facemmo rotta verso la Pennina, piattaforma
offshore molto conosciuta da queste parti per la notevole presenza
di pesce nelle sue vicinanze, situata a circa 12 miglia dalla
costa.
Superata di alcune miglia la piattaforma, a circa 17 miglia iniziammo
la strisciata su un fondale di circa 85 metri e ci mettemmo in
pesca. La giornata era splendida, tempo sereno, sole, e il mare
era una veramente una "tavola".
C'era poca corrente e si scarrocciava alla velocità giusta
mentre l'ecoscandaglio non segnalava nulla. Trascorse alcune ore,
giungemmo all'ora di pranzo mentre Piero pasturava costantemente
e io mi occupavo di tanto in tanto di controllare le esche.
C'era un silenzio irreale che fu rotto dallo stridere del mulinello
della 80 libbre proprio mentre Piero stava per addentare la pizza.
Il tonno, come si dice in gergo, aveva mangiato "al buio"
e a bordo era piombato il caos non sapendo cosa fare, mentre il
pescione sbobinava decine e decine di metri di filo in una fuga
interminabile.
Finalmente si fermò e iniziammo il combattimento che
si protrasse per due ore e mezza fino alle 17, quando finalmente
siamo riusciti a portarlo sottobordo e faceva i suoi giri.
Mi vennero in mente le parole di Peppe poiché il tonno
era veramente grosso, forse sfiorava i duecento chili, e fu a
quel punto che venne il difficile perché il tonno continuava
a ossigenarsi, era ancora molto vitale e a noi mancava l'attrezzo
più importante che serviva in quel momento, l'arpione.
Chiamammo una barca vicina per farcelo portare a bordo ma al
momento di usarlo, forse perché il filo si era stressato
troppo, o aveva urtato contro l'ancora a prua, che il tonno, con
una poderosa codata stuccò il raddoppio due metri sopra
la girella e se ne andò.
Si, è vero, siamo rimasti con l'amaro in bocca per diversi
giorni, ma fu comunque una esperienza straordinaria che non dimenticheremo
mai e che soprattutto è servita per imparare a non commettere
certi errori in futuro.
Peppe e Piero Crescenzi
http://digilander.libero.it/NojoPrima
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