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CROAZIA, ADRIATICO E …..TONNI

Traina in barca a vela ( 2 )

Ad un certo punto, mentre eravamo tutti e quattro a prua a far compagnia ai nostri giocosi amici, con il pilota automatico attivato, finalmente sento la tanto agognata sinfonia del mulinello che trilla all'impazzata, accompagnata dal solito grido: "Stefano la canna, la canna!". Con un balzo mi precipito a poppa e, dopo aver preso in mano l'attrezzo , non senza difficoltà data l'assenza di reggicanna, mi rendo conto subito di non avere a che fare con un pesciolino.

Il filo guizzava veloce fuori dal tamburo del mulinello, anche perché, adoperando un finale vecchiotto, per paura di rotture, avevo lasciato la frizione un po' lenta. Dopo qualche istante inizio a preoccuparmi perché i delfini, lasciata la prua della barca si concentrano nel punto dove il filo tocca l'acqua. Dopo aver rassicurato gli amici sul fatto che i delfini non attaccano mai le esche trainate, mi rimane il dubbio di aver agganciato un piccolo per sbaglio.

La paura svanisce quando la fuga sfrenata si interrompe ed il combattimento si stabilisce su uno standard tipico da tonno: pesce affondato che segue la barca dando ogni tanto qualche testata "a scopo intimidatorio". Senza cintura da combattimento, con una scarpa infilata in mezzo alle cosce, a mò di bicchiere, inizio a pompare il pesce con delicatezza e senza forzare.

In quell'occasione non c'era la necessità di essere veloci poiché non avevo l'interesse di ricalare subito per cercare un altro strike. Finalmente dopo un po', grazie anche alla maestria degli amici nel manovrare la barca e dopo le solite evoluzioni da circo Orfei per districarmi tra stralli di poppa, timone e quant'altro la poppa di una barca a vela può offrire per rendere le cose difficili, finalmente vediamo il pesce, fugando ogni dubbio sul fatto che potesse essere un delfino.

Infatti, portatolo a galla pronto alla raffiata "chirurgica" da parte del mio amico Antonio che di professione fa il dentista e di queste cose ne capisce, si vede la bella sagoma di un "tonnacchio" che, stanco per il combattimento opponeva le sue ultime forze per evitare l'imbarco. A questo punto, dopo le solite due tre raffiate andate a vuoto (ormai sono abituato), Antonio, dalla plancetta di poppa, aggancia il tonno guardandosi bene dall'inserirlo nel pozzetto per il solito terrore che hanno i velisti di sporcare il teak con il sangue del pesce; momento di stallo, tutti zitti ed immobili: e adesso? Adesso attaccalo per coda per l'amor del cielo che devo fare l'urletto di rito!

La contentezza è durata poco e sono stato subito relegato sulla stretta plancetta di poppa per compiere le operazioni di pulitura, stando sempre attento a non schizzare troppo di sangue la coperta ed evitare le "puzzette" che invece a noi pescatori piacciono tanto. Il tonno, del peso approssimativo di 13/14 kg. si è fatto ingannare da un jig da 12 cm. con piume nere, montato con un finale da 80 Lbs, ma malridotto com'era non ne poteva mantenere nemmeno 30!

A proposito, se non si vuole affrontare un combattimento col cuore in gola, conviene sempre cambiare il nylon del finale almeno due volte l'anno ed altresì, quando lo si vede anche leggermente rovinato a seguito di un combattimento. L'esca, in quel momento, era trainata a circa trenta metri da poppa poiché stavo adottando la tecnica di allontanarla di cinque metri ogni mezz'ora partendo da quindici.

Mentre mi stavo accingendo a far dell'ignaro tonno delle belle fettone per il sostentamento serale dell'equipaggio sono stato consigliato di soprassedere a causa delle solite puzzette che avrei provocato in cucina e perché era troppo grosso ecc., ecc. Dopo un po', quando gli altri erano da tempo intenti a smanettare con la barra del timone, mentre il sole stava quasi tramontando, per scherzo scommetto sul fatto che ne avrei preso uno su misura per la cucina di bordo (sui due/tre kg.), suscitando le battute degli altri: "si e che stiamo in pescheria?"

Così monto un octopus viola/fucsia da 13 cm. un po' elaborato da me con piume e lures e lo posiziono a non più di sette braccia dalla poppa, questa volta con la frizione ben tarata poiché il finale è nuovo di zecca. Passano venti minuti, stessa scena: noi a bighellonare con i delfini che nel frattempo erano tornati a giocare sotto il dritto di prua e la voce del TLD 30 che fa sentire il suo acuto.

Questa volta avevo fatto le cose per bene e, dopo tre minuti di combattimento, si fa per dire, il povero tonnetto fa la sua comparsa sulla scia della barca ed Antonio, questa volta al primo colpo lo raffia. Della serie la fortuna aiuta la soddisfazione: "Che vi avevo detto? Va circa tre kg!"

Ma anche la soddisfazione, gli scherzi e le risa dei "compari" durano poco poiché mi tocca di nuovo procedere alle operazioni di pulitura del pesce, relegato fuori dalla poppa e dopo essermi lavato dai residui odorosi del precedente pesce.
Inutile dire che nemmeno questo è finito in padella ma, per fortuna, il frigo funzionava bene ed i tranci hanno resistito fino a Brindisi intatti. E pronti, questa volta si per la padella!


Hunclehernest.


3 Luglio - 2003 (Powered by Net Tuna)