IL FATTO (gli episodi)
La Ricciola (o Leccia?) Americana
L'Estate 2002 stava scivolando con la solita spensierata e fugace
giovialità, le pescate mai come quest'anno abbondanti (tutti
gli amici hanno mangiato pesce) si susseguivano con impressionante
frequenza, quando il mio Cugino Americano (Sica Lino, che ora
abita e lavora ad Udine) mi fa visita al mare.
Ne consegue un appuntamento di quelli che pesano: ore 5,00 a
Sibari; lui, imperterrito, dorme sul dondolo in giardino per non
disturbare la dolce Moglie Liliana e si presenta, addirittura,
in anticipo. Carichiamo l'attrezzatura, ci rechiamo al molo dei
Laghi di Sibari (un paradiso terrestre per pescatori e marinai,
dato che si può ormeggiare la barca, letteralmente, sotto
casa) e dopo le rituali procedure, ci accingiamo ad uscire in
Mare. Quando siamo sul punto di lasciare il canale artificiale,
il mio fraterno parente mi confessa, con un pizzico di imbarazzo,
che non sa nuotare.
Con ferma responsabilità e con un po' di sadismo lo costringo
ad indossare il salvagente, ma dopo i primi ilarici ed imbarazzanti
incontri con altre imbarcazioni, mi convinco che forse conviene
rischiare (il mare era anche calmo), ma tiro fuori la ciambella
e la lascio a portata di mano.
Facciamo un po' di pesca a barca ferma con le giapponesine ed
un po' di piccola traina e quando tiriamo su i primi pesci, noto
la grande gioia nel bronzeo volto di Lino. Con spirito altruistico,
accendo il motore e mi avvio alla foce del Fiume Crati (riserva
naturalistica di rara bellezza), per far contemplare al Cugino
Americano le beltà della nostra amata Calabria, e nello
stesso tempo armo una canna da 18/25 lb, con filo da 0,40 con
uno sciame di pescetti in gomma, preparato da me (questa esca
artificiale mi aveva dato tante soddisfazioni nella stagione precedente
.ho
tirato su fino a 5 tonnetti!).
Mentre guidavo, trainavo ed illustravo le peculiari caratteristiche
dello splendido posto, sento una botta tremenda, la canna s'incurva
come non mai, io non faccio in tempo ad allentare la frizione
(per giunta difettosa) ed il quasi mio splendido pesce, spezza
il filo, assottigliandolo con una forza ciclopica.
Una grande amarezza mi ha pervaso il cuore, con uno sguardo lucido
contemplo l'incredulo compagno, subito, con movenze quasi involontarie,
armo nuovamente la canna con un Rapala argentato di medie dimensioni,
e spingo la barca nuovamente nell'infausto tratto.
Lino non parlava, io mi disperavo, quando nello stesso punto
sento una forte toccata, mollo immediatamente la frizione e rallento
il mulinello con il pollice, con il conforto della solita egoistica
preghiera e l'incredulità del promosso sul campo (Mare)
timoniere, inizia il combattimento.
Con un tira e molla che è sembrato interminabile (30 minuti)
e con l'ausilio del bravo e sorprendente guidatore e guadinatore
(ha maneggiato il guadino con sagacia), tiriamo su una Ricciola
di ben 4,6 kg. Dopo una breve pausa ed un lungo e religioso ringraziamento,
ci complimentiamo a vicenda, slamiamo il pesce e ritorniamo nel
magico pezzo di mare.
Con una geometrica precisione, nello stesso punto la canna si
piega, io mollo la frizione e con un rituale che sembrava ormai
consueto tiriamo la seconda Regina del Mare del peso di 3,8 kg.
Abbiamo tentato in seguito altri passaggi, ma invano, e, quando
la scarica di adrenalina si è esaurita, ci siamo abbracciati
ed abbiamo deciso di rientrare.
Mai cosi felice e spensierato è stato il rientro, tra
battute e battutacce e spinti da queste mitiche catture, guardandoci
negli occhi ci siamo chiesti: "non è che queste due
Ricciole Americane (Foto1) si sono fatte prendere in onore del
gradito ospite?".
(segue:
Lo spada che... non ti aspetti)
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