Lo Spada che
non ti aspetti
Tra su (barca) e giù (apnea), la vacanza continuava ad
offrire tanto e le afose giornate di Agosto trascorrevano con
una impalpabile e fugace cadenza e gli amici si alternavano al
mio fianco per delle pescate, che, senza infamia e senza lode,
ci facevano mangiare pesce tutti i giorni, quando una sera, mentre
giocavamo a carte, Vito (amico napoletano) mi chiede se può
accompagnarmi in barca per una pescata. Io con gioia assecondo
la richiesta e fissiamo l'appuntamento per l'indomani alle 5,30
del mattino.
Mi alzo, in silenzio per non svegliare la Famiglia esco in giardino
e con l'aiuto della luce artificiale (era ancora buio pesto) preparo
tutto l'occorrente per la solita pescata agli Sgombri e a qualche
piccolo Tonnetto.
Carico la macchina e vado all'appuntamento con l'amico (a casa
sua), dal cancello, non vedendo luci accese, chiamo Vito, ma quando
lo sguardo cade sul fluorescente orologio, con frettolosa vergogna
rientro a casa
..erano ancora le 4,00! Preparando delle ulteriori
esche, supero il mattutino sbigottimento e quando arriva, finalmente,
l'ora, mi reco dall'amico.
L'atmosfera è differente, Vito mi aspettava, mentre la
sua gentile consorte ci stava preparando un buon caffè.
Memore della "Esperienza Americana", chiedo a Vito se
sa nuotare e dopo il suo serafico positivo proclamo ci spingiamo
in Mare. La mattinata procedeva tranquilla con le solite catture
(Sgombri, qualche Sauro e dei piccoli Tonnetti), quando decidiamo
di fare un tragitto di traina fino al largo della foce del fiume
Crati.
Vito pescava con la canna da trainetta (quella delle Ricciole)
ed io guidavo e trainavo con una canna da 40/50 lb, con filo da
0,35 (che mi era stato consigliato dal mio bravo negoziante di
fiducia; Lucio Gammetta di Corigliano Calabro), con per terminale
il solito sciame di artificiali in gomma che simulavano un branchetto
di Sardine.
Parlavamo del più e del meno con l'amico, quando alle
ore 8,15 sento il cicalino fischiare come mai, impugno meglio
la canna, mi giro e scorgo all'orizzonte una bellissima siluette
che danza saltando sull'acqua: si, si
..è proprio
lui
..il Pesce Spada! Vito, con serafico stupore mi conferma
la mia impressione, io lo incito a prendere la guida e, consigliato
da una ipotetica Musa Marina, lo spingo a seguire il "Principe".
Ancora adesso sento il velocissimo stridio della frizione e rivivo
le sconsolate sensazioni che provavo al pensiero che ne il terminale
e ne il filo avrebbero potuto tenere quello splendido Pesce. Per
ben tre volte ha tirato a se 300 m di filo, e noi a seguirlo con
il timore che potesse andare a finire tra le lenze dei vari Palamiti
che ci circondavano.
Dopo ¾ d'ora di duro combattimento, ero stanco, avevo
un forte mal di schiena (la barca è poco profonda e priva
di attrezzatura specifica), appoggiavo la canna all'inguine e
ciò mi procurava ulteriore dolore. All'ennesima fuga del
Pesce Moschettiere, ho piegato una maglia di lana, l'ho interposta
tra la canna e il mio corpo ed ho espresso a Vito la mia sfiducia,
dettata dall'inadatta attrezzatura e dal fatto che forse non aveva
abboccato, ma si era ferrato sul corpo (questa convinzione mi
scaturiva dal fatto che con un Palamito, sul Tirreno, in compagnia
dell'amico Gigi Sicoli, suo suocero Peppino, Antonio e Sandro,
io avevo avuto la fortuna di tirare su uno Spadino di 10 kg, ferrato
in bocca e che, forse per questo, ha opposto poca resistenza).
Con l'inaspettata e per questo ancor più lodevole bravura
di Vito nel gestire la barca, abbiamo seguito lo Spada per ancora
¼ d'ora, recuperando quasi tutta la lenza e nel momento
in cui c'è comparsa la inconfondibile sagoma del Principe
dei nostri mari, abbiamo cullato l'idea che forse ce l'avevamo
fatta. Ho fatto spegnere il motore e non disponendo dell'arpione,
ho cercato di far girare il Pesce e quando, ormai sfinito Lui
(come Me ed Io come Lui), si è prestato al nostro intento,
l'ho afferrato per la coda e con un colpo secco l'ho tirato su.
Con soddisfazione e con la solita riverenza verso il divino ed
il profano, ho con le dita della mano tracciato una croce sulle
argentee branchie del Nobil Pesce (come avevo visto fare in un
documentario a dei pescatori delle Spadare di Scilla e Caridi),
che, dal profondo dei suoi occhioni blu, sembrava si complimentasse
con estrema sportività per la sofferta vittoria da parte
mia nell'epico duello che gli sarebbe costata la vita.
La grande gioia mia e di Vito ci ha spinti ad abbracciarci e
non ci ha fatto notare che il Pesce si era ferrato come io avevo
supposto, cioè sul corpo.
La stanchezza si faceva sentire, i dolori mi attanagliavano,
ma la gioia era grande e quindi abbiamo continuato a trainare
ancora per un po' di tempo, evidenziando che i discorsi involontariamente
propiziatori sul bellissimo libro di Hemingway "Il Vecchio
e il Mare" ci avevano fatto catturare questo splendido (almeno
per noi novizi pescatori) esemplare di oltre 16 kg di peso (Foto2).
Appena passata la sbornia di felicità, ci siamo attaccati
ai telefonini, abbiamo chiamato gli amici Elio e Michele e le
rispettive nostre Famiglie, invitando tutti ad armarsi di telecamere
e fotocamere per immortalare il nostro arrivo in spiaggia.
Dopo aver spento il motore alla debita distanza, a remi ci siamo
avvicinati al lido che di solito ci vede bagnanti, la voce si
era sparsa e tutti ci aspettavano per partecipare alla nostra
grande gioia e per incidere con noi questo bel momento, che tra
leggende e detti, ci ha donato il "PESCE SPADA"
.che
non Ti aspetti.
(seguito
del racconto)
|