Non apparecchiate mai sulla sedia da combattimento
E' il 2 novembre 1997, dopo 7 capotti e 3 Strike degli amici
a cui avevamo segnalato la presenza di tonni nella zona, ripartiamo.
In verità non ci credevamo più. Facciamo la strisciata
e ci mettiamo a pescare con tre canne, solito assetto: la prima
in volo, la seconda a 20 metri e l'ultima a 35.
Giornata fenomenale come l'autunno che era appena passato.
In cielo neanche un gabbiano siamo soli gli altri hanno provato
il giorno prima, senza risultato, poca corrente, mare limpido,
tale da poter vedere anche la sarda a 20/25 metri sotto di noi,
la superficie sembra praticamente un lago.
Mio zio Tonio che, non ama stare senza far niente, questa volta
si è portato un bolentino a mano per far passare il tempo;
ricordo molto bene solo una lunghissima giornata passata a mangiare
pecorino sulla sedia da combattimento.
Otto fa rima con cappotto.
Ormai siamo esausti e sconfortati perché ci rendiamo conto
che 8 fa rima con capotto e poi non avendo mai visto prendere
un tonno nessuno di noi ha ancora provato il brivido freddo che
ti tiene sveglio anche quando sei arrivato al fondo.
Sono circa le 16:00 mio fratello Marco mi sostituisce alla pastura
e, assieme a Giovanni (lo Skipper), buttano più sardine
possibile per poter andar via a casa più velocemente, mio
zio Antonio si è addormentato con la lenza in mano, io
chiacchiero con un amico che era venuto con noi per la prima volta
, ma ad un tratto un cicalino inizia a gridare Giovanni urla:
è il momento.
Entra in cabina e mette in moto, io ero sulla murata opposta,
(mi ricordo tutto come un sogno, come un automa, forse per il
terrore) ho preso la canna in mano e mi sono seduto in sedia.
L'equipaggio formato non da esperti e andato in panico, tutti
correvano ma non sapevano cosa dovevano fare, avevamo sottovalutato
la scarica d'adrenalina; dopo circa 10 minuti a furia di urla,
Giovanni riesce a far mettere in ordine la barca e una calma pazzesca
prende tutti (eravamo determinati al massimo la paura si era trasformata
in coraggio).
Tonio girava la sedia e gli altri due facevano da ponte radio
con la cabina, tutto perfetto, sua maestà però si
parcheggia subito 100 metri sotto di noi; a quel punto mano sulla
bobina e centimetro per centimetro gli rubo tutta la lenza.
Mi accorgo però che stavo cedendo fisicamente, egoisticamente
non chiedo il cambio, (errore che mi costerà caro) il pesce
compiendo dei cerchi arriva una prima volta in zona raffio sulla
murata di destra, ma io mi dimentico completamente a cosa serve
la doppiatura, e non chiudo la frizione per tirarlo su di peso.
Il pesce compiendo il suo giro in senso antiorario, va tranquillamente
sotto la barca, anche perché oltre a non essere a portata
di raffio i raffi sono troppo corti e i Mate se la stanno facendo
sotto compreso il pseudo Angler.
Per evitare di far finire il pesce sul timone ed eliche apro maldestramente
la frizione e
.. non v'immaginate che parrucca, circa 20/30
metri di filo. A quel punto il filo rimane in bando per qualche
secondo e mi fa temere il peggio, ma tutto d'un tratto di nuovo
peso, era ancora li, chiudo la frizione e cerco di accatastare
il filo alla belle meglio, riesco a tirarlo su di nuovo due volte;
la prima si fa un altro giro sotto la barca; la seconda volta,
grazie all'intervento di Giovanni, che mollato il timone esce
dalla cabina e prende il terminale tirandolo su con tutte le sue
forze, i Mate (Californiani
) riescono a colpire.
E' fatta!! Prima raffio fisso, poi quello volante vanno a segno.
Mi levo il giubbino e vado a legargli la coda, tiriamo un sospiro
di sollievo e un urlo che più che di vittoria sapeva di
liberazione.
Voi mi chiederete e la lenza di Tonio?
Credo sia ancora in fondo al mare.
Dopo questa esperienza non dimenticherò mai l'importanza
dell'organizzazione fra i membri dell'equipaggio.
Sardus
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