Probabilmente aveva memorizzato che l'inganno e il pericolo stavano
nella sardina intera e nell'amo che era evidente nell'innesco
degli sgombri vivi e quindi si fidava solo di mangiare le
sardine tagliate a metà.
A questo punto ci rendemmo conto che con un pesce così
sospettoso erano ben poche le probabilità di riuscire ad
allamarlo nuovamente e, fatto appello alla mia fantasia, pensai
che avrei potuto ingannarlo soltanto propinandogli ciò
che lui stava mangiando e cioè una mezza sardina, e fin
qui niente di difficile, ma poiché questo pesce era attento
anche ai terminali e agli ami che fuoriuscivano dalle esche, avrei
dovuto utilizzare un terminale molto sottile ed un amo talmente
piccolo da poter essere completamente nascosto in una mezza sardina,
facendo così in modo che questa esca gli apparisse del
tutto uguale a quelle mezze sardine che lui stava mangiando .
Comunicai la mia decisione a Paolo, il quale fu d'accordo con
me che quella era la nostra unica possibilità, e mi accinsi
velocemente a preparare questo terminale poiché non avevamo
pronta una simile attrezzatura.
Utilizzai un terminale da 100 lb ed un amo che utilizzavamo
di solito in primavera per gli squaletti piccoli, legai con cura
il tutto ed innescai con molta attenzione la mezza sardina facendo
in modo che anche il nodo sull'amo fosse nascosto nell'esca, e
quando l'innesco mi sembrò pronto ritirai la canna più
vicina e più alta e sostituii il terminale con quello appena
costruito ed innescato, filai l'esca in acqua facendo in modo
che andasse a finire dove di norma il pesce aggrediva le sardine
e dissi a Paolo di lanciare ad intervalli tre o quattro mezze
sardine contemporaneamente facendo in modo che nella loro discesa
passassero tutte vicino all'esca, fatto questo mi accinsi a preparare
un altro terminale, e fu mentre ero attento a quest'opera che
mi giunse il grido di Paolo.
Adesso eravamo in combattimento, il tonno, che avevamo stimato
oltre i trecento chilogrammi, aveva sfilato via più di
trecento metri di lenza che ora stavo lentamente recuperando mentre
Paolo lo seguiva lentamente col motore permettendomi di recuperare
della lenza senza però che la lenza stessa si allentasse.
Il combattimento proseguì e ci avvicinammo sempre di più
al pesce , ma eravamo entrambi silenziosi , le uniche parole che
si sentivano erano i comandi che impartivo a Paolo "avanti",
"rallenta", "ferma", "indietro",
"piano", ma nessuna altra parola veniva scambiata tra
di noi ; eravamo tesi , ma non per il combattimento che di per
sé crea sicuramente grande tensione ma anche grande euforia,
eravamo tesi perché sapevamo entrambi in quali condizioni
ci trovavamo, avevamo sì ferrato il pesce, e questo era
stato un grande successo, ma adesso cominciavano i problemi.
Sapevamo entrambi che in quelle condizioni avevamo ben poche possibilità
di vincere un pesce di quella mole e cominciavamo ad intravedere
il nostro insuccesso; cominciai a pensare al terminale tra i denti
del pesce che seppure piccoli lo avrebbero reso ancora più
fragile di quello che già era, all'amo piccolissimo che
inevitabilmente aveva potuto prendere poca carne ed inoltre essendo
sottilissimo poteva raddrizzarsi per una testata del pesce o peggio
ancora tagliare la poca carne e slamare, cominciai a pentirmi
di avere osato troppo, pensai che forse avrei potuto allamarlo
anche con un terminale normale ed ora non mi sarei trovato in
questa pessima condizione.
Ci eravamo intanto avvicinati al pesce ed eravamo alla distanza
giusta per ingaggiare il combattimento finale, ma i pensieri che
avevo appena fatto continuavano a girarmi per la mente e non osavo
forzare il pesce, ogni tanto mi giravo a guardare Paolo che con
aspetto imperturbabile, ma silenzioso come me, a sua volta mi
guardava, ma si capiva benissimo che era preso dagli stessi miei
pensieri .
Ci avvicinammo così al termine della seconda ora di combattimento
e nulla era cambiato , né io né il pesce eravamo
stanchi, seguivamo il pesce senza forzarlo e ad un tratto capii
che in quel modo non lo avrei mai catturato, capii che così
facendo stavo facendo il suo gioco e che fino ad allora era stato
lui a comandare, capii che il tempo avrebbe giocato a suo favore
ed allora pensai, se devo perdere voglio perdere combattendo,
allora mi girai e comunicai la mia decisione a Paolo.
Ricordo che vidi la faccia dell'amico rilassarsi quasi che le
mie parole l'avessero liberato da un peso, sicuramente partecipava
alla mia sofferenza e anche lui non vedeva l'ora di concludere
questa storia e la sua risposta suonò per me come una preventiva
assoluzione "sarà quel che sarà, abbiamo
fatto il possibile, non ti preoccupare" disse.
Cominciai così a forzare il pesce sempre più decisamente
assecondando sì le sue fughe ma forzandolo ancora di più
non appena rallentava e dopo una ventina di minuti di questo balletto
sentii il pesce rallentare e cominciare a girare in tondo ed ebbi
la netta sensazione di averlo in pugno , capii che questo improvviso
cambio di metodo di combattimento lo aveva disorientato e stava
cedendo , probabilmente non si aspettava la mia reazione e si
stava facendo prendere dall'avvilimento.
Comunicai la cosa a Paolo "mi sembra che stia cedendo e che
venga su, stai pronto" gli dissi, lui non mi rispose ma sicuramente,
come me, non credeva ai suoi occhi , ad ogni " pompata"
recuperavo della lenza e ben presto intravidi il nodo della doppia
lenza, continuai così imperterrito e quando il pesce venne
a galla poco distante dalla barca trovò Paolo già
pronto con il raffio in mano e proteso verso di lui .
Il grande pesce si avvicinò ancora di qualche metro alla
barca e Paolo si allungò e gli assestò una potente
e precisa raffiata, ma, nello stesso istante che il raffio penetrava
nella carne del pesce, l'amo si staccò dalla sua bocca
volando in aria con un sibilo, "accidenti che c
abbiamo avuto, si è slamato proprio adesso" disse
Paolo.
Faticammo non poco a trattenere il grande pesce che si dibatteva
furiosamente, perché in realtà non l'avevamo preso
per sfinimento ma bensì per avvilimento e ora cercava di
liberarsi dando fondo alla sua riserva di energie, ma la raffiata
era stata potente e precisa ed il raffio, penetrato profondamente
nel pesce, non avrebbe ceduto.
Lentamente il pesce smise di dibattersi e rimase immobile, era
vinto, ci guardammo con espressione raggiante, ci congratulammo
a vicenda e rimanemmo qualche attimo in contemplazione del maestoso,
meraviglioso, grande e sfortunato pesce che aveva perso la vita
per pochi attimi, gli stessi pochi attimi che ci avevano concesso
la vittoria.
Dicemmo qualche battuta filosofica, che ora non ricordo bene,
sulla fortuna e sulla sfortuna e, data la notizia via radio della
cattura, caricammo il grande pesce sulla plancetta della barca,
lo legammo e ci avviammo verso il porto più felici del
solito per questa insperata vittoria; per la cronaca il pesce
fermò l'ago della bilancia a 305kg.
Saverio
(inizio
racconto)
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