L'azione di combattimento continua con pompate lunghe,
filo in bobina e
é un caldo micidiale, sono
passate da poco le 14.00 il vento è calato e chiedo
subito acqua, in realtà vorrei berla, invece e giustamente
mi viene fatta la doccia sulla testa con l'acqua calda di
una bottiglia. Qualcosa riesco anche a bere ma fa troppo
schifo, è quasi calda!!
Nel frattempo e dopo qualche incertezza, sono arrivati
due gommoni della direzione gara per controllare le varie
fasi e il corretto svolgimento del tutto.
E' strano, ma su una barca ferma di quelle dimensioni e
con un tonno non grosso che risulterà poi di circa
71 kg, sembra di pescare dagli scogli della darsena, ad
ogni richiamo del pesce e guadagno di lenza, corrisponde
una fuga altrettanto uguale nella direzione opposta della
barca.
Di problemi quindi fino a questo momento nessuno. Le voci
che mi arrivano da chi ho alle spalle è di non forzare,
di non rischiare troppo, di non esagerare, l'importante
e portarlo a raffio prima o poi, ma sembra che sia meglio
il poi.
La cosa seppur ben compresa non mi va giù, non ho
voglia di giocarci come il gatto con il topo, c'è
alla fine anche il tempo di combattimento che giudica la
bontà dell'angler e se il caldo insopportabile dell'estate
2003 mi dice di calmarmi, continuo a pompare e a recuperare
filo senza dar tregua al pesce; e se lui riprende filo glielo
lascio prendere, ma alla fine quelle enne fughe gli costeranno
un caro prezzo.
Se lascio la presa il tonno può riprendere tranquillamente
fiato e quasi confidenza con la situazione, soprattutto
dopo i primi momenti di panico successivi alla ferrata e
alla prima fuga iniziale e di forzare poi la lenza per un
maggior tempo di combattimento non me ne va proprio. Attento
ai richiami fattimi, decido però di non mollare e
non dare tregua al tonno che comincia ad essere sempre più
vicino alla barca mentre le fughe successive si fanno sempre
più brevi e meno veloci.
Attimo di panico, recupero filo ma non sento più
la trazione del pesce, sono attimi interminabili, con la
canna parallela all'acqua comincio all'impazzata a girare
la manovella del mulinello. Gianni capisce al volo e mette
i motori in avanti per ridurre i tempi del filo in bando
e sfuggire a questa brutta situazione che ha creato il tonno
con il suo moto deciso verso la barca. Al tonno non gli
sembra vero di non sentir più la presa, gli sembra
di essersi liberato dell'appiglio e continua in quella direzione.
Fortunatamente dura poco, e c'è, c'è ancora!!!
Qualche tocco ai motori solo quando il pesce, ancora sui
40 metri di profondità circa, si fa troppo sotto
alla barca e inclinare tutta la canna verso il basso non
bastava per evitare che il filo andasse sulla plancetta
di poppa. Il tonno a quella profondità sente meno
i motori e quindi non si cura o spaventa procedendo così
verso la direzione da lui stabilita in quel momento.
In questa situazione (barca ferma) e per le dimensioni del
tonno non c'è rischio che si combatta alla picca
con il rischio che il pesce si inchiodi e rimanga a quella
profondità mettendo sotto stress l'attrezzatura e
le capacità fisiche dell'angler.
Pippo comincia a preparare il raffio e a tenerlo a portata
di mano per l'atto finale; il bagliore della livrea ventrale
del pesce si è infatti già intravista.
Ecco il pesce finalmente sotto la barca a circa 10-12 metri
che comincia a fare le sue evoluzioni che risultano essere
di tipo antiorarie.
L'amo, come risulterà alla fine, è infatti
conficcato nella parte sinistra della bocca, e quindi quanto
detto all'inizio e cioè sulla direzione del pesce
sulla prima fuga, presa a sinistra (amo sulla sinistra)
si é confermata corretta, almeno questa volta, dico
questa volta perché per ogni tonno c'é una
storia diversa.
(
Continua ) »»
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