Come tenere la frizione
La questione è un po' controversa, c'è chi
preferisce tenerla lenta premendo poi con i polpastrelli
sulla bobina del filo, altri la tengono molto dura per favorire
la penetrazione dell'amo. A voi larga sentenza dopo le prime
esperienze.
Possiamo aggiungere solo alcune cose come quella di non
stringere la frizione durante la fuga iniziale pensando
di fermare il tonno, pena il rischio di rottura del filo
o che per surriscaldamento eccessivo si blocchi il mulinello.
La sola fuoriuscita del filo e la sua resistenza nell'acqua
bastano a portare via forze al pesce e favorire la penetrazione
dell'amo. Quando c'è molto filo fuori il rischio
di rompere aumenta soprattutto se vengono a formarsi delle
curve, pericolo maggiore se si usano libraggi leggeri.
Altro rischio sussiste se si allenta la frizione per diminuire
la pressione della canna sul portacanne, il tutto per agevolarne
la fuoriuscita e portarsi sulla sedia da combattimento.
E' meglio faticare un po' di più o preventivare ciò
tenendo non troppo strette la frizione che vedersi imparruccare
il filo all'interno del mulinello, spesso causa di rottura
successiva del filo.
Una volta, mentre stavo terminando di tirare su la lenza
di una canna, ancora in acqua, ho scorto con la coda dell'occhio,
l'angler che stava stringendo pian piano la frizione della
canna con il tonno appena allamato.
Era ormai troppo tardi, non ho fatto in tempo a dirgli
dell'errore che la canna si è piegata violentemente
sull'acqua mentre il filo di 100 libbre si è schiantato
poco fuori la bobina del mulinello.
Siamo rimasti molto male anche perché dopo pochissimo
ha allamato una barca vicinissimo a noi, come dire che il
branchetto di tonni si era spostato facendo visita ad altri,
ma questi hanno poi perso il pesce dopo 20 minuti di combattimento
per la rottura del filo al nodo. Amara consolazione.
Sono molti comunque che tengono la frizione abbastanza dura
proprio per aumentare la penetrazione dell'amo, molto dipende
dall'attrezzatura, dai libraggi ma di questo ne parleremo
in un altro speciale ("Come mettersi in pesca").
Agosto '98, erano ormai passate 7 ore di pesca senza
nulla di fatto, il vento aveva cambiato e veniva da SE,
erano ormai le 16.30 e stavamo effettuando il consueto cambio
dell'esca. Roby aveva la lenza in mano e in piedi sulla
plancetta stava aspettando il palloncino per allontanare
il filo di una lenza calata a 30 metri di profondità.
Forse il tonno aveva seguito l'esca nel suo scendere verso
il fondo, sta di fatto che sente alcuni strattoni sul filo
e facendo un balzo dentro al pozzetto grida: TONNO IN CANNA.
Ancora non capivo il gesto, perché di filo non ne
era uscito un centimetro, guardo la canna, una 130 libbre,
e mi assale lo sconforto.
La frizione era lenta perché un attimo prima stavamo
dando lenza per portare l'esca in profondità; non
la stringo quel tanto per portarla al solito libraggio.
Mi porto quindi facilmente in sedia, il tonno si allontana
dalla barca come se nulla fosse, sfila filo in maniera costante
e lenta: non si è accorto ancora dell'inganno.
Pensiamo, per il comportamento, che sia uno grosso squalo
volpe. Quando inizio a chiudere la frizione il pesce accenna
ad una breve fuga, ma è ormai abbastanza lontano
e l'elasticità del filo non permette una buona ferrata
per far penetrare l'amo.
Finale della storia, dopo circa 25 minuti di combattimento
il tonno ci viene incontro, mette il filo in bando nonostante
il rapido recupero con il mulinello, si slama. L'amo non
aveva sicuramente bucato bene.
Generalmente il tonno allamato effettua la partenza dalla
parte opposta da dove viene esercitata la trazione; quindi
la sua fuga solitamente avviene in allontanamento dalla
barca.
(Seguito)
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