Gianluigi e Stefano
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Sogni dal becco lungo
Niente di più sbagliato, soprattutto quanto alla
frizione: infatti, contrariamente a quanto sarebbe normale
pensare, più filo esce dalla bobina e più
bisogna diminuire la taratura della frizione agendo sulla
leva; questo perché, per la legge fisica delle leve
(che non chiedetemi di descrivere meglio per evitarmi qualche
brutta figura), a parità di taratura della frizione,
minore è il diametro della bobina (filo compreso)
e maggiore è la forza esercitata sul filo per estrarlo
dal mulinello.
Ad esempio: se a bobina piena ho tarato la frizione al
30% del carico di rottura della lenza per lo strike, quando
nel mulinello è rimasto 1/3 del filo in esso contenuto,
la frizione eserciterà una pressione molto maggiore
del 30% iniziale.
Per cui, con lenze leggere:
tarare bene la frizione prima di filare le canne a mare,
portare leggermente indietro la leva quando esce molto filo
dal mulinello e soprattutto non avere fretta di chiudere
un combattimento troppo presto, specialmente in presenza
di pesci importanti.
Quando si ha a che fare con un'Aguglia la certezza dell'identità
del pesce, pur senza vederlo, si ha quando, d'un tratto,
il filo smette la tensione e tende a mollarsi; questo perché
le Aguglie Imperiali, una volta esaurita la loro folle corsa
in direzione opposta a quella della barca, cambiano direzione
e vengono veloci verso il pescatore, qualche volta
saltando in maniera spettacolare. Quello è un altro
momento delicato nel quale la sinergia tra angler e skipper
è fondamentale: infatti da parte sua chi sta alla
canna deve recuperare velocemente il filo badando di distribuirlo
uniformemente nella bobina agendo con il pollice della mano
sinistra e lo skipper deve aiutare questa azione di messa
in tensione del filo letteralmente scappando con la barca
nella stessa direzione del pesce.
Naturalmente chi sta al timone deve costantemente
tenere d'occhio il filo ed evitare di dare strappi col motore
che potrebbero pregiudicarne la tenuta. Stessa accortezza
deve sempre avere lo skipper nella precedente fase della
fuga del pesce per evitare l'eccessiva fuoriuscita di filo
dalla bobina.
In questa situazione il timoniere può optare per
due soluzioni: o seguire il pesce a marcia indietro quando
la tipologia di barca lo consente, od inseguirlo a marcia
avanti stando attento a mantenere un'inclinazione di circa
45° tra il filo e l'asse longitudinale della barca onde
evitare che il primo formi un'ansa troppo larga, causa spesso
di rotture.
Tornando a noi, io avevo tarato la frizione a circa
¼ del carico di rottura per
lo strike, passato, poi, ad 1/3 per il combattimento successivo
alla fuga del pesce.
Così, dopo circa 15 minuti di combattimento si iniziò
a vedere il pesce (non aveva saltato) e si ebbe la certezza
matematica che si trattava di una Aguglia Imperiale di buone
dimensioni.
A quel punto si poteva iniziare a forzare il pesce, sempre
nei limiti consentiti dal libbraggio della lenza, pompandolo
senza strappi e descrivendo cerchi concentrici sempre più
stretti con la barca. Intanto dalla distanza fra la pinna
dorsale e quella caudale ci si accorgeva che si trattava
di un pesce di tutto rispetto e più si aveva questa
consapevolezza, più lo si trattava con i guanti:
era quasi fatta ma non era finita!
Nessuno parlava tranne io che mettevo in croce l'angler
con continui ammonimenti, a volte anche inutili.
Ma mi conosco: se perdo un pesce così tengo il broncio
per una settimana!
( Continua
) »»
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