Mario
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Sardegna - autunno 2009
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Fare un bel "reuaind"
Prima che inizi questo racconto peschereccio bisogna necessariamente
fare un bel passo indietro, e come si dice, fare un bel
"reuaind" credo che aiuti molto.
Siamo sempre nel solito posto di sempre, più o meno
a 38° N 56' e la bellezza di 9", e sempre più
o meno a 009° E, 15' e pur sempre la bellezza di 12".
Ora se pensate che le coordinate siano sbagliate e casualmente
vi troviate sulla terra ferma invece che in mare non dovete
prendervela con me ma con la casa costruttrice del GPS.
Dicevo un bel passo indietro; quando quest'anno sono arrivato
alla fine di maggio senza mai avere ricevuto nel periodo
trascorso in città: e-mail piene di sfottò,
telefonate sarcastiche e prese per i fondelli che solo noi
sappiamo scambiarci ho immediatamente capito che non era
aria.
Tutti a cercare spiegazioni che solo il buon Dio poteva
dare e tutti a dire le stesse solite cose. Di fatto nessuno,
dico nessuno aveva fatto catture di riscontro. Tutti con
la coda in mezzo alle gambe, zitti, tranne quando non volavano
imprecazioni qui non riportabili per: artificiali persi,
monel distrutti, nodi che probabilmente erano malfatti,
finali inopportuni e via via dicendo. Si le solite cose
che noi pescatori (parola forse troppo grossa) diciamo da
tempo inenarrabile e che tramanderemo ai posteri di Manzoniana
memoria.
Restava e resta comunque il fatto che nessuno nei mesi successivi
riusciva a catturare niente di importante. Chi voleva vendersi
l'attrezzatura, chi si dava per la disperazione al bollentino
(ovviamente con tutto il rispetto che io ho per le persone
che lo praticano) chi si dava alla pesca turistica, nel
senso che si aggregavano ai soliti pescherecci, per mangiarsi
alla fine della battuta una frittura di pescetti; buoni
per carità, ma non era quello che si intendeva quando
si parlava di pesci e di catture se non la consapevolezza
di restare aggregati e cementare la vecchia amicizia.
Succede che verso la fine di ottobre catturo un dentice,
per tutta verità non eccessivamente grosso, era circa
due kg, ma pur sempre combattivo e tralascio il dire che
era squisito una volta portato in tavola.
Da quel giorno le antenne di tutti si misero in movimento
e le speranze si potevano toccare con mano. Veniamo al sopracitato
"reuaind". Sono gli inizi di questo mese di novembre
spettacolare sia come clima che come mare, tanto che i soliti
coraggiosi ancora si tuffano per un bel bagno ristoratore,
la temperatura dell'acqua in mare sui 35-40 metri è
attorno ai 20 gradi centigradi e quando ormai passata la
stagione delle ricciole grosse, delle palamite delle lampughe
e altri pesci catturabili, succede quello che in teoria
non avrebbe dovuto accadere.
E' ormai mattino inoltrato quando vista la bellissima giornata
esco e per farla breve calo circa 350 metri di monel in
mare, non passano che pochi minuti che canna e mulinello
cominciano a strillare come mai avevo sentito in questi
ultimi anni. Non capisco cosa stia succedendo ma d'altro
canto mi rendo conto più che in fretta che tutto
è libero dalle solite reti, le solite nasse e tutto
quanto non possa far pensare ad un pesce di qualità
e decisamente pesante.
L'attrezzatura che possiedo ormai dovreste conoscerla e
pur dicendo che faccio traina pesante, lei rimane leggera
leggera, ma cosi ci si diverte forse di più ed il
pesce ha forse più probabilità di essere meno
stressato, chissà, poi forse è vero il contrario,
non lo sapremo mai.
Poco male. Mi prende circa una cinquantina di metri e si
ferma. Guardo la canna tesa come una corda di violino e
sento il monel che frigge tra gli anelli e quindi mollo
di frizione senza mai fermarmi ma disponendomi attorno ai
2,5 nodi di velocità. Lui rimane incollato sul fondo
e più mi allontano più monel esce dal mulinello.
Come tento di pompare per tutta risposta ricevo testate
mai sentite e mi prefiggo di fare tutto con la massima calma
e cautela se non altro per vedere cosa ci fosse alla fine
della lenza.
Adrenalina a mille e acido lattico che inizia a prendere
il sopravvento, ma con calma e direi dovizia nella cura
dei particolari mi rendo conto che non recupero un solo
metro ma sto trascinando un peso a me non indifferente.
Dopo circa una buon ora inserendo la frizione sui 6 kg riesco
a recuperare qualche metro ma le testate che riuscivo a
percepire non facevano altro che scoraggiarmi dall'intraprendere
azioni sbilenche. Lo lascio a sbollire ancora per una buona
mezz'ora e sempre con un occhio alla canna e uno al mulinello
sento che sta mollando, non è più potente
come prima e recupero più lenza che posso ma inspiegabilmente
invece di vedere la stessa andare in orizzontale la vedo
sempre più verticale e la cosa comincia necessariamente
a darmi delle grosse preoccupazioni.
Quando ormai il contametri mi dice che mancano una cinquantina
di metri per toccare il finale ho assistito alla ripartenza
più imponente che abbia mai visto, ed in un attimo
mi ritrovo con più di 150 metri di lenza fuori. Imprecare
non sarebbe servito a nulla e con la ormai poca lucidità
rimasta ho iniziato a chiedermi che razza di pesce fosse
quello che quasi per malavoglia avevo in canna; ho pensato
a una grossa ricciola ad un tonno, scartando l'idea che
fosse un dentice, perché dopo due ore che lo portavo
a spasso per il Mediterraneo sarebbe aggallato molto tempo
prima, insomma mi sono reso conto di ignorare nel modo più
assoluto cosa avevo attaccato al mio solito artificiale.
Passata quella buriana recupero quasi con facilità
tutta la lenza e la cosa che più mi preoccupava era
il fatto che la canna era praticamente in verticale col
cimino quasi a sfiorare la superficie dell'acqua.
A quel punto ritenendo che ormai fosse fatta, rallento la
barca sino a fermarla, recupero il finale e vedo la doppiatura
di lenza che finalmente entra con le sue spire nel mulinello,
mi mancano non più di tre metri, mi fermo per respirare
e quello per tutta risposta da una testata violentissima,
mi tira la canna sul naso e rimango lì rimbecillito
come mai mi è successo. Cosa fosse stato non lo so,
dopo aver raccontato quello che mi era successo tralascio
le risposte ricevute perché oggi non servono più
cosi come non servivano il giorno. La cosa buffa è,
e l'ho sentito in un documentario, quando si ha il terminale
in mano è uguale a pesce preso, sarà
ma io l'ho visto solo andare con il mio bell'articiale e
lasciandomi solo con la mia doppiatura.
Ieri, altra giornata stupenda e temperatura estiva mi ributto
in barca e ritorno nei soliti posti.
Nessuno ci deve credere ma la strapazzata che ha ricevuto
la canna è stata identica a quella di poche settimane
prima. Ci risiamo mi son detto, ma stavolta vinco io, che
tu sia un tonno una ricciola un pesce spada o cosa vorrai
essere ti metto in barca ti faccio una foto o due e ti rimetto
in mare sempre che tu sia ancora vivo.
La cosa si comportava nella maniera più assoluta
come la precedente, trainavo e lui seguiva, rallentavo e
lui prendeva filo cercavo di pompare ma non riuscivo neppure
a muovere la canna, e memore di quanto successo prima questa
volta ero pronto per fare davvero il giro dell'isola benzina
permettendo.
Dire che è stata una lotta sul filo dei nervi mi
pare dica poco, dire che come sempre anche se non si vorrebbe,
si pensi sempre al peggio è umano ma dopo circa tre
ore che me lo spupazzavo e non vedere il benché minimo
risultato è stato straziante, oserei dire a livello
di crisi nervosa, poi improvvisamente con 463 metri di monel
fuori inspiegabilmente si lascia recuperare, piano ma si
recupera metro dopo metro, qualche testata ma recupero manco
fossi un argano, lento senza strappi e con soddisfazione
vedo che la bobina si sta nuovamente riempiendo pensavo
"siamo sulla buona strada". Troppo facile illudersi.
Come due settimane prima mi riprende facile almeno 50 metri
e ti assicuro che a quel punto la voglia di tagliare il
filo con la pinza è stata forse più grande
di vedere cosa ci fosse attaccato, poi ho pensato che sarei
stato uno stupido e con infinita pazienza ho ricominciato
l'opera di recupero.
Aveva dato tutto, io sicuramente di più ed a quel
punto la curiosità benché sia femmina è
subentrata violentemente nei miei pensieri. Ho messo il
motore al minimo e recuperando con dovizia e con pazienza
ho rivisto tutto il monel nel mulinello e solo a quel punto
mancando ormai una ventina di metri l'ho visto a galla.
Era un dentice.
Onestamente sulle prime non sapevo se esserne contento o
amareggiato per la cattura, dopo tre ore mi aspettavo chissà
cosa ed invece era un signor dentice che farà felici
cinque amici sabato sera e tralasciando ogni subdolo pensiero
ma pensando a quanto succederà, alla fine mi sono
sentito contento e soddisfatto.
Mario
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