Rilascio del Pesce
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Release: ma quanto mi costi ?
In apertura avevo accennato alla sportività come
un lusso, in senso metaforico. Tuttavia, vi sono anche un
aspetto economico ed uno tecnico che ne ribadiscono il concetto
in termini più pratici. Mi spiego meglio.
Innanzitutto, rispetto per il pesce vuol dire anche catch&release.
Cioè a dire:
A) essere costantemente aggiornati sulle tecniche e le adeguate
attrezzature "ecologiche" adatte al corretto rilascio
dei pesci;
B) assumersi dei rischi di ordine fisico.
Vediamo questi due punti nei dettagli.
A. Per sapere come rilasciare un dato pesce bisogna
informarsi presso le organizzazioni scientifiche (quasi
tutte con sede all'estero) che si occupano di queste problematiche.
Infatti, ogni specie va trattata in maniera completamente
differente dalle altre: per questo motivo, tali organizzazioni
forniscono ai pescatori interessati del libretti personalizzati
per ogni specie di pesce a prezzi popolari per gli statunitensi,
ma non tanto per chi ne fa richiesta da oltre oceano (tra
spese di ricerca del contatto, costo effettivo, spedizione,
etc).
Se poi andiamo sul discorso Tag&Release, oltre che Catch&Release,
allora si vanno ad incontrare altre spese del tipo: le tag
di rilascio, di un tipo ogni specie, (provate ad acquistarle
all'estero...), aste di infissione (una per ogni tipo di
tag...), spese di spedizione delle cartelle allegate alle
tag (negli Stati Uniti, ovviamente...).
Le spese per le attrezzature "ecologiche", oltre
quelle suindicate, di cui facevo menzione in apertura di
capitolo, si riferiscono soprattutto agli ami (1), ai manicotti
(2) e ai monofili.
Vediamone le problematiche nei dettagli
1. Gli ami adatti per un discorso ecologico sono
costosi, non tanto se presi a confronto rispetto ad un pari
in acciaio inox (ben più caro), quanto al fatto che
deteriorandosi subito a contatto con mare ed esche, devono
essere buttati via dopo un solo giorno d'uso. Quindi se
ne adoperano e ne servono molti di più a parità
di uscite in pesca.
A titolo d'esempio, io facendo 10-12 viaggi all'estero l'anno,
avevo un consumo annuo di circa 300 ami inox; passando ad
un regime "ecologico", ho fatto la fortuna di
Capt. Harry's con più di 2000 ami l'anno!
In più, gli ami ecologici (Mustad 95103XC, Mustad
Catch&Release, Eagle Claw Siwash barbless blue) sono
assai difficili da affilare e quando, durante l'operazione
di affilatura, ci si buca, oltre al dolore ci sono anche
dei rischi di salute.
Io, sempre a titolo d'esempio, che ci sto molto attento,
comunque sono dovuto ricorrere tre volte alle iniezioni
di anti tetanica (costose anch'esse).
2. Perchè i manicotti e non i nodi? Perchè,
sempre da un punto di vista ecologico, se un amo rimane
in bocca al pesce per rottura della lenza o perchè
il pescatore ha deciso di tagliare il terminale (operazione
attualmente molto in voga, perchè ritenuta più
ecologica del "maneggiamento" del pesce), il manicotto,
essendo di rame, si dissolve assai più rapidamente
liberando il pesce dallo strascico di lenza. Il nodo, questo
non lo permette, ovviamente. E lì vengono fuori altri
costi perchè manicotti (di varie misure), redance
(di varie misure), pinze (di varie dimensioni) e altri microaccessori
costano, e parecchio anche;
3. Per evitare di rompere troppo spesso la lenza
e lasciare così il pesce con metri e metri di filo
addosso, si devono cambiare con più frequenza sia
i monofili in bobina che quelli da terminale: questi, sono
costi assai alti da sostenere.
B. Targare e rilasciare correttamente uno squalo,
un marlin o un tonno ancora vitali, presuppone da parte
del pescatore un contatto molto più ravvicinato e
duraturo nel tempo rispetto ad una raffiata. Le operazioni
di rivitalizzazione di un grosso animale comporta dei seri
rischi: personalmente mi sono beccato tante di quelle rostrate
e codate addosso che più di una volta mi sono chiesto
chi me lo faceva fare. Per non parlare di una avventura
nel rilasciare uno squalo tigre di oltre 800 libbre in Guinea
Bissau per la quale manca poco ci lascio le penne. Naturalmente,
le relative spese delle medicazioni e il premio di una costosa
assicurazione-vita, rappresentano altre notevoli spese da
aggiungere al conto, almeno per me.
Ora, tutto questo discorso, io non l'ho fatto di certo per
giustificare il non rilascio dei pesci a fronte di un motivo
fatto di vile danaro, anzi. Piuttosto, perchè non
mi va di essere preso per i fondelli da tutti quelli che
in sede di decisioni in materia di pesca sportiva (leggi,
licenze, restrizioni, divieti, decreti, parchi marini, etc)
si prendono il lusso di darci di pescivendoli, di distruttori
del mare e d'animali e affibbiarci così disposizioni
legislative inique, eccessive e -fatto più grave-
ipocrite, difendendo invece a spada tratta, in sede CEE,
la legittimità delle spadare e dei longliners.
Il lusso della sportività, cari signori, me lo pago
di tasca (6 milioni l'anno), di salute e di coscienza mie.
Altro che licenza per "la pesca di lusso".
Come quindi avrete potuto arguire, la questione release
non è proprio tutta rose e viole perchè, di
certo, rappresenta un mero palliativo alla drastica diminuzione
degli stock ittici degli ultimi decenni: è inutile
darsi tanto la pena per il tag e il release, quando manca,
in primis, il catch.
(Ami
e Danni) »»
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