Un fantastico giorno di Settembre ..
Sardegna
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Dopo aver seminato rapala su tutti i fondali dell'Arcipelago
della Maddalena ed aver sopportato i sorrisini di sufficienza
della moglie che ogni volta che tornavo a mani vuote e pive nel
sacco mi accoglieva regolarmente con un "ma non ti sei
stufato di consumare tanta benzina" e "non è
meglio che resti qui sulla spiaggia insieme a tutti gli amici
a chiacchierare", finalmente mi sono deciso a tentare la
traina col vivo.
Dopo aver istruito sommariamente il figliolo (ed il sottoscritto)
sulla tecnica, preparata canna e mulinello, progettata una veloce
navigazione verso le Bisce per fare esca e poi ai Monaci per trainare,
sintonizzato sul canale 68 per il bollettino, tutti a nanna.
Sveglia alle sei, è ancora buio, figliolo recalcitrante
(lui che sempre rompe per andare a pesca e poi...), urlaccio deciso...ma
sottovoce (per non svegliare la cerbera) e si va.
Veloci, dritti sul sole che nasce, aria frizzantina e salsa (che
bello accucciarsi dietro il parabrezza) con la fida che plana
da gran signora e fila a 30 nodi, con l'Arcipelago deserto, tutto
nostro. Già solo questo ripaga dell'alzataccia e dei
soldini che si spendono per tutto questo ambaradam.
Arrivati alle Bisce metto fuori due cannette con delle filose
per fare esca (uso dei vecchi raglou montati in serie con un piccolo
rapalino che li insegue.....è micidiale!!!).
Faccio mezzo giro delle Bisce ed ho già beccato tre bei
sugarelli che vanno a nuotare beati nella bacinella (vasca
del vivo fregata al bucato della moglie).
Esco verso il mare aperto e mi viene incontro una bella arietta
da scirocco che increspa un po' il mare con una risacca fastidiosa
e che soprattutto impone un cambiamento di programma. Ai Monaci
non conviene andare, lì c'è più che una risacca,
non è mare da neofita del "vivo". "Devo
restare dentro, ridossato "mi dico" certo non sarà
una gran bella pescata ma tant'è...".Decido allora
di trainare a terra, da Capo Ferro verso Poltu Quatu e
giù verso Cannigione.
Intanto il figliolo, che gran pescatore, si è addormentato
a prua, io mi sparo qualche paglia mentre innesco (come da insegnamenti
del sito su una montatura acquistata anni prima al Nautex da un
espertaccio di Pesaro) il più bello dei sugarelli a disposizione
e lo filo a poppa con un bel guardiano per tenerlo basso. Non
ho tanto fondo, 15 - 18 m, e da solo con canna in mano, occhio
all'eco e timone e manetta da controllare non mi sento completamente
padrone del mio destino.
Sono già le otto, passo davanti a Liscia di Vacca
che cominciano ad aprire gli ombrelloni, incrocio due colleghi
che stanno salpando un palamito davanti Poltu Quatu, quasi incoccio
su uno di quelle barcacce che portano in giro i Dannati per l'Arcipelago
e che quando mi vede da lontano mi punta mirando a passarmi, vicina,
di poppa.....è stata una lotta di nervi, ma è sfilata
di prua, arrivo al Mammellone che sono un po' sfiduciato,
quando sento la canna dare un tremito leggero seguito da una sensazione
di ....incaglio e poi di rilascio e poi di nuovo, stavolta più
forte.
Subito penso di aver "pescato" il solito scoglio, ho
al massimo 15m di fondo, dò un filo di manetta ,una accostatina
a largo e, nel dubbio, una bella ferratona con il pollice sulla
frizione del mio Everol 4\0 (anch'esso frutto del Nautex mismo
venditore pesarese).
ZAC la canna si anima, NON E' SCOGLIO.
Mille pensieri e mille letture mi frullano nella testa, devo guadagnare
fondale, devo accostare a largo con dolcezza, devo staccarlo dal
fondo, devo, devo, devo......
DEVO SVEGLIARE IL FIGLIOLO !!
SVEGLIA !!!! C'E' PESCE IN CANNA !!!!!
Giulio prendi il timone, aiutami, accosta a largo, "adelante
ma con juicio".
Dall'altra parte intanto sentivo delle testate, degli strattoni,
la canna era viva come viva la cosa che la animava e che cominciava
a mollare. Allora un po' di frizione con un occhio alla rotta
tenuta da Giulio ed un occhio alla lenza che affondava sempre
più vicino alla barca, quasi a capofitto nel blu. E allora
riavvolgi, tira con il puntale che fa male (la cintura è
al caldo nel gavone). E allora canna puntata su bordo del divanetto
(con l'interposizione della maglietta arrotolata; la barca prima
di tutto) e le braccia che, non abituate, sono tutte tese.
Azzzzz quanto tira.
Ecco che comincia a mollare e che si fa vedere ad una quindicina
di metri a poppa, esce un attimo, bei riflessi blu e argento.
Giulio prendi il guadino, macchè prendi il raffio.
E dove pà?
Intanto lo tiro sottobordo.
E se lo perdo?
Nulla, nulla rispondo mentre gli sbatto una mano nella branchia
e, voilà, lo filo a pagliolo.
Lo riempie tutto il pagliolo, orrido nella sua bellezza, il DENTICE,
sua Maestà, con i suoi occhi ma anche i nostri fuori dalla
testa, seppur per motivi diversi.
Giulio con una faccia tutto un programma.
La mia? Non so, mancano gli specchi in barca.
Certo è che guardavamo la Belva instupiditi dalla felicità,
ebbri di gioia, che colori, che denti, che odori di mare.
Abbiamo passato i cinque minuti successivi, noi soli in barca,
a raccontarci quello che era successo e le sensazioni provate.
Poi ci siamo svegliati, abbiamo avviato il motore grosso e...via
a tutta manetta verso casa dove ci aspettava la gloria (sic) o
meglio un po' di considerazione e dove ci aspettava la moglie
col solito sorrisino di sufficienza ma che stavolta avremmo stupito
con un pesce fuori dal comune.
Che dire per finire a parte la......cena con annesso Vermentino
ghiacciato ad onorare Sua Maestà?.
Prima esperienza col "vivo" e classica fortuna (c....o)
dei principianti.
Saluti da Roberto "Sapippia"
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