Tuna Cup

 

Team - Equipaggi

 

Catture

Indice BigGame.it
Indice racconti di pesca Anno 2005




Elenco programmi e risultati delle principali gare di pesca d'altura per l'anno in corso


I racconti delle vostre uscite in mare.....

Pomatumus saltator




Siti delle barche con gli equipaggi e i racconti delle loro avventure in mare


Racconti ed immagini di alcune catture segnalateci per l'anno in corso.

NEWS

s

Traina costiera

 

Pomatumus saltator...

 

Tutto nasce da una passione viscerale per la pesca a mosca. Ho alcuni amici che la praticano da sempre e per loro altro non esiste che quel tipo di pesca. E’ vero, ti affascina. Cosi mi affascinò nei primi anni ottanta, quando, senza rendermi conto di quello che stessi facendo, in un grosso emporio americano acquistai una canna, un mulinello, una coda e tutto il necessario per poter pescare applicando questa tecnica mirabile.

La comperai perchè mi piacevano le linee senza trascurare i materiali con i quali erano costruiti quegli oggetti. Ritornato a casa non ne feci nulla, anzi regalai il tutto ad un amico, Lui, Berto rimase stupito e sorpreso nel ricevere una mia telefonata.

 

Erano passati venti anni o poco più. Gli domandai senza mezzi termini se il mio regalo fosse stato utile e, nel caso lui non lo utilizzasse più di rendermelo. L’amicizia si sa è gran cosa, ritornai in possesso di tutto quello che avevo donato in perfetto stato e per dire tutta la verità ancora imballato cosi come lo era stato un ventennio prima.

 

Discutemmo sulla qualità dei materiali, sulle caratteristiche tecniche e più ancora sul fatto che ormai in commercio esistevano ben altri prodotti.

Tempo libero n’avevo e ne ho, cosi giorno dopo giorno e corso dopo corso immagazzino le tecniche, le strategie, gli hot spot, le specie catturabili, insomma, mi dedico a quella disciplina che ritengo arte allo stato puro non solo in acque dolci ma anche in mare. Va da se che in mare le catture si fanno desiderare. Cosi ne parlo a Silvano, grosso pescatore a mosca in tutti i sensi. Mi convince e riparto per la mia scogliera preferita.

 

Dopo tutte le dritte ricevute mi sento pronto e sicuro per una pescata memorabile. Lancio la coda al massimo delle mie possibilità, circa trenta metri, questa appena tocca l’acqua schiumosa della scogliera inizia ad affondare, mi accingo al recupero e mi rendo subito conto che recupero il nulla. Recuperata la coda noto che la mosca non è più sul finale, eppure sono certo che la stessa si era posata correttamente in acqua. Cosi succede col secondo e con i lanci successivi. Ora, perdere una mosca affermerei che è del tutto normale, perderne tre ed in cosi poco tempo forse fosse troppo. Ho radiografato il finale in nylon con occhi attenti per capire cosa fosse successo. Niente. Reciso come fosse stato tagliato da un rasoio.

 

Ritorno a casa meditando chissà quale vendetta. Tralascio volutamente le frasi fatte dei soliti amici pescatori e non, tralascio ancor più volutamente la descrizione della mia frustrazione. Decido cosi di cambiare metodo e tecnica di pesca. In barca tutto è a posto, la canna, una dodici libbre nera e marrone di nuova generazione fa bella figura stagliandosi nel cielo azzurro come solo nel Sud Sardegna si può vedere, lenza del 30 doppiata negli ultimi tre metri, finale del 35 per circa otto metri, l’esca, un artificiale a testa piombata con piume bianche e gialle, non manca nulla. Il baffo bianco, il cane e l’artista non partecipano alla partita, semplicemente perché hanno partecipato al racconto precedente, mentre la fotografa non avendo ancora deciso per chi fare il tifo controlla sempre che le pile della digitale non siano scariche.

 

Al sopraggiungere della scogliera si calano una cinquantina di metri di lenza per essere subito portati a cento con una velocità costante di 4,5 nodi.

 

Perché faccio questa operazione? Precisamente non lo so, ma l’istinto mi dice di farlo; cosi come mi suggerisce di non montare il tendalino perché sarebbe d’ingombro sull’eventuale azione di recupero del pesce in caso di cattura, ma la sensazione di fresco che quel telo bianco riesce a trasmettere sotto il sole cocente d’agosto, forse pareggia le difficoltà previste.

 

N’ero sicuro, era scritto. L’apicale sbotta e di certo, almeno altri cinquanta metri di lenza spariscono in pochi attimi dal mulinello. Ci guardiamo con occhi increduli, guardiamo la curvatura della canna nella sua parabola perfetta, la afferro e dalla difficoltà che incontro nell’estrarla mi convinco che dall’altra parte c’è effettivamente una cosa robusta. Metto in posizione di strike la leva del mulinello e quella cosa mi prende altri metri senza che io sia capace di trattenere filo.

 

Ebbene sì, subentra il panico, panico perché si pensa alla lenza troppo sottile, panico perché il solito nodo, la solita girella potrebbero cedere, panico perché tutto può spezzarsi sotto quello stimolo infernale, panico perché vedi la canna in sostanza piegata su se stessa ed a quel punto per non perdere non ti resta che aprire e dare ancora filo, sino alla calma apparente.

 

Si recupera facilmente, si pompa e si recuperano parecchie decine di metri, troppi per la verità, si pensa al peggio o al meglio, dipende dai punti di vista, questa volta è al meglio. La cosa riparte ed è un assoluto fuoco d’artificio! Sento testate possenti sino a vederlo saltare fuori dall’acqua per un buon salto di due metri fantastici, rituffarsi e cercare rifugio in chissà quale anfratto marino, e qui subentrano tutti i consigli del mio maestro Angelo:”canna alta, poco filo, dai e riprendi, non perdere tensione” mi attraversano la mente ad una velocità incredibile, caro Angelo questa non è una trota, questo è un qualcosa che al salto successivo mi dice essere attorno al metro di lunghezza ed in quanto a potenza beh meglio non pensarci. Si suda ragazzi si suda per mille motivi non ultimo il caldo, si suda perché si è consci che il bello deve ancora arrivare, perciò cerchi di stancare la preda con tutte le tecniche che conosci, antisportivamente lo ammetto, vorresti che l’acido lattico, la blocchi, la paralizzi in modo che il recupero non sia difficoltoso, ma non è cosi. Lui lotta tira salta e s’inabissa ancora con più veemenza. La canna è in acqua e questo non è un buon segnale, lui cerca a tutti i costi, il fondo della barca, la chiglia che sa essere un po’ sporca, l’elica, il piede del motore, qualcosa, tutto; basta tagliare il filo che lo sta imprigionando senza scampo.

 

Faccio in tutto tre giri in barca e mi rendo conto di essere diventato ridicolo, strapperei il tendalino con i denti tanto mi infastidisce nelle manovre, ma ormai è troppo tardi, allento la frizione e lui mi riprende ancora metri, non molti per la verità, ma li prende, ancora un salto notevole fuor d’acqua quindi si lascia andare, non forza più. E’ stanco, ed io con lui; chiedo il guadino e la fotografa pronta, pur con difficoltà lo mette a pagliolo.

 

Lo guardo! A dire il vero è un bel pesce, ha la faccia cattivissima, una bocca possente, cosi come lo è il corpo lungo ed affusolato. I colori, molto sgargianti, partono dal dorso azzurro, c’è del verde scuro per poi divenire argenteo sui fianchi. Ci si guarda e ci si domanda che pesce sia; né io né la fotografa abbiamo una risposta immediata, ma si continua a controllare.

 

Era scritto! Lo dovevo prendere. Guardo la bocca, ci metto un dito vicino e ne saggio i coltelli che si ritrova, ad onor del vero mi procuro un taglio al pollice di notevole fattura, ma con fare eroico non mi preoccupo, lo giro e rigiro e noto che l’amo è conficcato nell’opercolo in modo cosi possente che difficilmente avrebbe potuto slamarsi, tanto meno tagliare il mio finale da 35, era fuori portata dalla sua formidabile “dentiera”.

Lo ammetto, fortuna, fortuna ed ancora tanta fortuna ma dopo cotanta sventura!!!.

 

In porto mi avvicino ai pescherecci, chiedo informazioni sul nome del pesce. Mi dicono si tratti di pesce serra; commestibile!

A questo punto foto e misure di rito: Lunghezza 90 cm, peso 5 Kg e forse più, inoltre mi piace ripensare alle tre mosche ………. E non aggiungo altro.

 

Prontamente SMS alla signora delle rose gialle per renderla partecipe della nostra felicità. Ci raggiunge, vede il pesce e subito scatta in lei quel non so che di culinario che a bocce ferme neanche immagini. Chiama mezzo mondo, dal ristorante veneziano alla trattoria del paesino, ma non si convince, infine, dopo scambi voraci d’idee prendiamo la nostra decisione. Lo facciamo al cartoccio, e cosi fu!

 

Per farlo occorre come minimo un BBQ che sia superiore in larghezza ai 90 cm del pesce, tanta bella legna per preparare un buon supporto a circa 20 cm dal fondo. Nel frattempo fate quello che si deve per pulire il pesce in tutte le sue parti. Massaggiate per bene tutto il pesce con olio d’oliva e sale nel quale avrete sciolto tutti gli aromi che ritenete opportuni, questi varino dal rosmarino al timo alla maggiorana al timo al limone e chi più ne ha più ne metta.

 

Con fogli d’alluminio stesi e presaldati cospargete con olio d’oliva, rosmarino e pomodori secchi, non dimenticate di mettere fette di limone sotto la coda ed ovviamente metteteci pure il sale, aggiungete capperi olive nere e verdi snocciolate. Nella pancia del pesce inserire limone a fette, un mazzo d’odori legati, pomodori, olive capperi. Si chiuda accuratamente il tutto e delicatamente si appoggi sul BBQ, il quale nel frattempo è stato ricoperto di fogli d’alluminio per diffondere meglio il calore. Non si tocchi nulla e si lasci lì a cuocere lentamente per circa 1 ora.

Dopodichè mangerete una delizia.

 

Mario A.Fracassi

 

 

 


15 Dicembre - 2005 (Powered by Net Tuna)

 


Mario " Emme " ( Foto successiva »» )