A volte è dura anche in Oceano...
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Provo a sottoporvi il racconto (lungo) della mia ultima
atipica uscita in mare, ovviamente non per il risultato,
deludente per l'opinione dei più, bensì per
le fortissime emozioni che comunque mi ha regalato.
Emozioni di mare, un mare in particolare in questo caso:
l'Oceano Indiano.
Ringraziandovi in ogni caso fin d'ora, per la grande opportunità
del Forum che offrite a noi appassionati di mare e di pesca,
vi saluto vivamente!!!
"Capitan Simon" nel Forum
Eccoci qua, non mi sembra proprio vero...
Fin da piccolo, piccolissimo, il mare in primis e la pesca
poi, sono stati la mia più grande passione.
Il mio primo libro, regalato quando ancora non sapevo leggere,
era un'insieme di fantastiche foto di Jacques Cousteau,
i miei primi disegni rappresentavano fondali corallini pieni
di pesci, una delle mie prime foto da "gagnetto"
mi vedeva impettito con una bella bolognese in mano...
Ed ora sono qua, dopo averlo immaginato e sognato per anni,
dopo averlo mitizzato dopo ogni uscita infruttuosa nei nostri
mari.
Mi ritrovo su questo Dhoni, il "KudaNasru", in
compagnia di mia moglie Ombretta, dei tre maldiviani
dell'equipaggio e di Edoardo ed Adamo, rispettivamente
capovillaggio e addetto ai watersports dell'eccelsa struttura
Thudufushi di Planhotel-Francorosso.
Abbiamo da poco lasciato la pass che ci ha proiettati dall'atollo
di Ari Sud, nel sud-ovest dell'arcipelago delle Maldive,
in pieno oceano indiano.
E l'oceano mi accoglie proprio come avevo sempre immaginato:
una splendida giornata dal sole mattutino meraviglioso,
l'aliseo, scarso, ma presente col suo lieve soffio, l'Oceano
Indiano col suo profondissimo respiro, la sua onda, alta
ma di un'ampiezza al tempo stesso impressionante ma benevola,
così dolce come si presenta oggi. Ci senti dentro
tutta l'energia del pianeta... ora ti culla, ti ammalia
ma ti ammonisce, ti fa capire che l'enorme braccio che oggi
accarezza, domani potrebbe spezzare ogni cosa. Come tristemente
ha fatto in passato. Ora però tutto è in pace.
La marea è favorevole, il tempo e la corrente anche.
Proprio come da manuale, appena raggiunto l'oceano aperto
veniamo circondati da enormi mangianze che però intuisco
sono causate da pescetti piccoli. Poco male, è proprio
l'esca viva che cerchiamo, qualche bel bonito da offrire
agli enormi vela locali.
Giù quindi due lenze a mano con piumette sintetiche
rosa e due canne, 20 e 50 lbs, armate con teste piumate
e filetti, mentre Ombretta, paziente ed entusiasta anche
lei, documenta tutto con foto e filmati.
In un attimo le lenze a mano fanno il loro dovere, deludendoci
però visto che gli enormi branchi si rivelano come
Rainbow Runners e non bonitos, che noi recuperiamo con divertimento
ma inadatti come esca...
Lasciamo quindi la zona alla ricerca dei preziosi bonitos.
Intanto il sole è ben alto, comincia a scaldarci
a dovere, nonostante la provvidenziale copertura del dhoni.
Il tempo passa, chiacchierando di pesca con Edoardo ed Adamo,
scambiandoci le rispettive opposte esperienze: Edoardo ha
imparato tutto qua, dai locali, senza preparazione tecnica
specifica. Ma ha imparato benissimo, con curiosità,
acume ed umiltà.
Io con tante, troppe letture alle spalle, e pratica pur
abbondante, fatta solo nel nostro sempre più difficile
mediterraneo, mi sento piccolo piccolo... un pò come
un topo di biblioteca di fronte ad un vecchio saggio, dal
sapere fatto di tanta esperienza.
Intanto i minuti passano, scorrono inesorabili... ma che
cavolo!?! Sembra di essere nel Ligure nei peggiori periodi
dell'anno! Dove sono i preziosi bonitos??? Ma in oceano
non dovevano saltarti letteralmente in barca?
Evidentemente no, forse certe regole valgono tanto nel "povero"
Mediterraneo quanto nell'Oceano...
Ed il tempo passa ancora, sta per nascere una leggera tensione
dentro di me, quando avvistiamo ed in breve raggiungiamo
una mangianza ampia e diffusa ma non concentratissima.
Già da lontano un certo sesto senso mi dice che siamo
sulla giusta strada: si vedono sguazzi diversi dal precedente
fitto brulicare, so che si tratta dei ricercatissimi bonitos!
Si, sembrano loro ma... non abboccano!
Proviamo sia controcorrente che a favore, insistiamo, ma
nulla!
Ecco, quella tensione aumenta, più passa il tempo,
più questa tenta di assomigliare allo sconforto...
Perchè? Non finirà mica così, senza
neanche aver potuto giocarmi alcuna chance con l'amato e
sospirato Vela dell'Oceano Indiano?!?
No, non può e non deve! Coraggio! Insistiamo!
E proprio quando sembra tardi ecco, il movimento giusto:
le bollate dei tonnetti in caccia, avide ma non frenetiche.
Ci siamo!
Uno abbocca e in un attimo con bracciate ampie e regolari
lo recupero senza fallire.
Peccato che quando già sorrido beato, una scarsa
coordinazione dell'equipaggio, che non ha ancora sostituito
il terminale per il vivo sulla canna "buona" ci
è fatale. Pochi secondi di attesa a poppa ed il bonito
si slama. Ci vuole ancora qualche minuto, ma l'oceano ci
concede una seconda possibilità, ben sfruttata da
tutti.
Io recupero al volo il bonito mentre i maldiviani recuperano
la canna con artificiale e filetto e mi fanno trovare in
perfetto tempismo il terminale per il vivo operativo. Il
bonito viene innescato all'istante con il grosso amo passante
per il labbro superiore e subito ributtato in acqua.
Stranamente (o forse no...) ho una netta sensazione di presenza
del Predatore...
Le mangianze di bonitos si sono estremamente diradate, il
vivo fugge subito con estremo vigore e velocità giù
in profondità...
Si prepara l'imbando di qualche metro e la lenza in traino
viene lasciata in mano ad Edoardo.
Questi però mi guarda e mi chiede: "Visto che
non sei completamente digiuno di pesca, come molti che passano
di qua, vuoi provare tu a tenerla?".
Accetto al volo ma chiedo anche qualche raguaglio. Va bene
la traina col vivo a dentici e ricciole, ma questa nuova
tecnica mi lascia spaesato...
E la risposta è semplice, semplicissima: "Vai
un pò di istinto, ogni volta il pesce abbocca in
maniera diversa. Sai tu, decidi tu cosa fare quando lo senti.
Capirai se ferrare o lasciarlo mangiare.".
Ed ecco che, come da premonizione, dopo pochissimo accade
tutto, come predestinato.
Un tocco forte, fortissimo. Uno strattone attenuato, una
trazione tenue, poi svanita, poi ritrovata.
Lo sento, lo immagino alla perfezione anche se è
in profondità, mentre tramortisce il bonito con un
potente fendente del rostro, lo ricolpisce per assicurarsi
di averlo fermato. Poi lo prende in bocca, subito lo sputa,
lo riprende, lo trascina e lo sputa per girarlo nel senso
giusto per inghiottirlo...
Mollo tutto, via l'imbando! Mangia Pesce, mangia!
Lenza ad Edoardo, motore in avanti, corro alla canna mentre
il pesce viene ferrato e tra le urla di tutti si proietta
alto in cielo a pochi metri dalla poppa, mostrandosi come
un maestoso Vela...
Non ho parole, è troppo grosso... pensavo ai vela
di tante foto, piccolini, meravigliosi ma non enormi.
Questo, prima ancora di aprire la sua vela, è immenso!
Stranamente però rimango freddo, indosso giubbotto
e pancera al volo ed in un istante sono con la canna in
mano nella scomodissima posizione offerta dal tradizionale
dhoni.
Intanto il mulinello prima canta poi grida, quindi urla,
follemente...
E pensare che dentro di me poco fa criticavo l'eccessiva
potenza di questa 50 lbs ed il freno troppo serrato...
Ma la barca è poco manovriera, e l'equipaggio ancora
meno...
Ahimè tutti si preoccupano di stare addosso a me,
vogliono tenermi la canna, vogliono farmi vedere come controllare
il filo, vogliono stringermi la frizione...
Barca ferma ed in pochissimo tempo il vela che fugge in
superficie a centinaia di metri.
Non voglio insegnare il mestiere a nessuno ma imploro Edoardo
di esortare il capitano maldiviano a segiure il pesce e
non a badare a me...
Centinaia di metri di lenza fuori; bobina che avvisa pericolosamente
la fine; il vela che nonostante freno ed attrito aumenta
velocità e poi si esibisce in un salto lontanissimo.
Finalmente sento la barca muoversi nella sua direzione ma
è tardi, tra l'altro una mano scura assassina si
intrufola tra la mia ed il mulinello, credendo di farmi
il più grande favore chiudendo la frizione, anche
se di pochissimo...
Sono istanti, frazioni di secondo, ma che ricorderò
per sempre.
Quel salto nel cielo blu intenso, sopra il blu intenso dell'Oceano,
di un pesce dai mille indescrivibili toni del blu.
Quella mano infida che pur voleva essere amica.
Quell'emozione che aveva travolto più l'ingenuo (nel
miglior significato del termine) equipaggio, pur avvezzo
a quei pesci, piuttosto dell'affascinato ma forse cinico
ospite...
Lo stratone fortissimo, la fuga in profondità, l'accelerata
ulteriore, impossibile, il netto colpo di rostro e poi...
la fine di tutto.
Tutti attorno contenti, le incitazioni: "Vai! Recupera!
Ora gli andiamo in contro!".
E la mia gelida affermazione: "Basta, è andato...".
"No, no, recupera! Recupera! E' perchè gli andiamo
incontro, dai!".
"No, l'ho sentito, è andato, ora è
libero...".
Così si è concluso il mio primo incontro col
Pesce Vela, rinviato anche poco dopo quando calato un terzo
bonito ho sentito a mano due secchi colpi ed abbiamo recuperato
il bonito ferito in più parti dal rostro.
La giornata è poi proseguita con la caccia ad un
enorme branco di pinna gialla, pesci di grossa taglia che
a centinaia si esibivano in acrobazie da delfini. Troppo
eccitati e distratti per interessarsi ad artificiali forse
un pò rozzi.
Quindi due strike a vuoto lungo il reef ed un king fish
di 13 kg, cercato e catturato per garantire la soddisfazione
a cena del cuoco e di chi come me ed Ombretta, all'isola
si aspetta ottimo pesce alla griglia.
Devo dire cosa mi ha più meravigliato dell'avventura?
La sensazione di totale appagamento. Nessuna foto col Grande
Pesce, nessun trofeo da esibite orgogliosi ed impettiti.
Nulla di tutto ciò.
Però una magnifica giornata di mare, mille sinceri
sorrisi, nessun rancore (neanche con quella mano malandrina...),
minuti vissuti assieme, emozioni fortissime, condivise con
mia moglie...
Certo, se l'attrezzatura fosse stata quella "buona",
di casa, se il mulinello fosse stato il fidato Everol, se
la barca fosse stata il Gemma III, se in pozzetto ci fosse
stato mio padre, se al timone ci fosse stata proprio Ombretta,
che tante volte allo strike ha dimostrato la sua abilità
con la ruota e le due manette del caro Sciallino 27...
Ma così doveva andare, qua, in questo remoto angolo
di Oceano Indiano.
Per vivere situazioni nuove, per sentire il respiro dell'Oceano,
per incontrare e vedere il Vela, per fare del mio meglio
con lui, per imparare.
Che di imparare non si finisce mai!
Capt. Simon
Simone Marangoni
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