Nel settembre 1965 la piattaforma di perforazione Paguro
affondò a causa di un'esplosione nelle fasi finali
di perforazioni ad una distanza di circa 10 miglia al largo
di Ravenna.
Il Paguro fu costruito agli inzi degli anni '60 in un cantiere
allestito appositamente a Porto Corsini (Ravenna). Era un
impianto di perforazione capace di spostamenti da una zona
all'altra a mezzo di rimorchiatori. Giunto sul sito di perforazione,
i tralicci di sostegno con cassoni terminali che venivano
riempiti d'acqua si adagiavano sul fondo mentre lo scafo
si sollevava a poco più di 10 metri dalla superficie
del mare, (impianto self-elevating).
Il Paguro poteva operare su fondali della profondità
massima di 60 metri.
Il 28 settembre 1965, dopo circa due anni di attività
di ricerca nell'offshore nele acque ravennate, l'impianto
era intento a perforare il pozzo "Porto Corsini 7"
a circa 14 miglia per 120° dal porto di Ravenna, su
un fondale di 25 metri. Una volta raggiunta la profondità
prestabilita di circa 2900 metri, fu intaccato un secondo
giacimento sottostante contenente gas ad alta pressione,
oltre 600 atm.
La testa del pozzo fu chiusa dai sistemi di sicurezza,
ma l'elevata pressione causò il cedimento delle pareti
del pozzo provocando come un'eruzione difficilmente controllabile.
Prima una grande massa di acqua e gas seguita successivamente
dalle fiamme che fusero il metallo di sostegno questo, insieme
al cratere creato sul fondale, provocò l'affondamento
delle strutture sul fondo.
Tre persone morirono quel giorno mentre le restanti furono
tratte in salvo dai sopraggiunti soccorsi.
L'eruzione, perché così appariva da terra
con relative fiamme, durò qualche settimana finché
non riuscirono a tramite un pozzo deviato a chiudere la
testa del "Porto Corsini 7".
Nonostante siano passati alcuni decenni, e per la caratteristica
strutturale della piattaforma di perforazione, i tralicci
e quanto rimane dell'impianto di perforazione non sono stati
sommersi dai depositi sabbioso-limosi del fondale.
Il Paguro é quindi ancora adagiato sul fondo come
lo era al momento del disastro, il punto più alto
dell'ormai relitto si trova a 10 metri dalla superficie
del mare mentre il cratere dai 25 m passa nel punto più
basso ai 33 m.
Nella stessa zona di affondamento dell'impianto, negli
anni a seguire furono depositati altri tralicci monostruttura
di impianti di estrazione ormai dismessi.
Il prelievo della fauna ittica quasi impossibile con reti
da parte dei pescatori, la relativa profondità e
tranquillità hanno permesso l'instaurarsi di un habitat
del tutto particolare per l'adriatico.
Il relitto del "Paguro" non é un ambiente
di origine naturale ma bensì artificiale, nonostante
questo, sulla base della Legge 963/65 e successive modifiche
é stato possibile con Decreto Ministeriale del 21
Luglio 1995, riconoscere l'area come "Zona di tutela
biologica".
A seguito del Decreto del 5 Nov. 1996, l'Associazione Paguro
é stata autorizzata dalla Capitaneria di Porto di
Ravenna ad eseguire immersioni subacque e visite guidate
nel sito del relitto.
Per darvi qualche numero dell'interesse che suscita, nel
1997 furono organizzate 205 escursioni per visite subacque,
per un totale di 3.480 immersioni.
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