Ormai all'interno del proprio spazio di pesca, a circa
mezzo miglio dal punto in cui ancorarsi, iniziano a rallentare
il moto e a gettare le sarde sia intere che tagliate, raggiunto
il punto di pesca assegnato, viene gettata l'ancora con
attaccato un parabordo alla cima. E fino a qui tutto normale,
nulla di eccezionale, ma lasciano il posto continuando a
pasturare, con direzione leggermente diversa spostata infatti
di 60 gradi rispetto alla rotta precedente.
Rifatto poco meno di mezzo meglio strisciando in questa
direzione, invertono la rotta di 180° e ripassando sulla
stessa scia, raggiungono nuovamente la boa per l'ancoraggio.
Mi dico è fatta!! E invece riprendono o meglio continuano
con la strisciata con rotta deviata di 60° rispetto
all'ultimo tragitto ma opposto al primo, completando così
una raggiera a tre direttrici equidistanti l'una con l'altra
di 120°.
L'ultimo ritorno alla boa, centrale alla zona di pesca,
viene fatto anch'esso pasturando, ma senza esagerare nelle
dosi per non disorientare il tonno che fosse capitato nella
maglia.
L'area assegnata è così seminata di sarde
che presto raggiungeranno il fondo, su tre direttrici equidistanti
di 120°; l'idea è che se un tonno entra nel tratto
di mare in questione, molto facilmente seguirà le
tracce per giungere poi nei pressi della barca in pesca
dove l'aspetteranno le esche con l'amo.
Ma cosa in realtà é successo?
Oltre a quanto già illustrato sulla semina di sarde,
c'é un altro aspetto da esaminare e cioé che
l'operazione dal suo inizio fino al termine é durata
circa un'ora durante il quale i 2 motori entrobordo diesel
sono rimasti in funzione e il loro rumore, ben noto ai tonni
e non solo, ha avuto modo di attirare in prossimità
delle operazioni, qualche curioso di troppo che si trovasse
nei paraggi.
Il rumore dei motori, necessari per eseguire le operazioni
di strisciata hanno un richiamo notevole sul tonno (se nei
paraggi) e una volta sopraggiunto vi rimane perché
attratto dalle sarde della pasturazione.
Ma fino a questo momento il pane inzuppato di sola acqua
di mare giace ancora all'interno del secchio, e il mistero
sul suo utilizzo rimane ancora tale. Legatisi alla boa,
subito uno membro dell'equipaggio continua l'azione di pasturazione,
Werner comunica la posizione ed un altro comincia ad innescare
gli ami e filare le esche a poppa. Nessun segno interessante
fino a quel momento, ne sulla superficie del mare ne sullo
schermo dell'ecoscandaglio tenuto acceso per eventuali sorprese.
Calma piatta è dire poco, le sarde affondano allontanandosi
di poco dalla poppa della barca e così i palloncini
che sostengono le esche vengono tenuti non troppo lontani.
Finalmente è l'ora del pane, a grosse manciate vengono
ripetutamente gettate lungo la scia e così non resisto
più e la curiosità vince sulla domanda all'apparenza
ingenua.
Ma i tonni da queste parti hanno una dieta particolare?
Sono forse deboli di stomaco?
La risposta non poteva che essere spiazzante sulla domanda
in quanto mi risponde un animo gentile che mi fa osservare
che non è per il tonno, bensì per i gabbiani
che richiamati anche da lontano da quella poltiglia bianca
galleggiante, sopraggiungono buttandovisi sopra e il tutto
per far in modo che facciano rumore senza però disturbare
la discesa delle sarde verso le esche in pesca.
(
Il seguito )
|