Tonno al raffio
e poi?
Lasciando per il momento ad altri, il piacere di scrivere
circa le tecniche e le molteplici fasi che, dalla preparazione
" a tavolino" alla raffiata, compongono la cattura
di un tonno, voglio riferire di alcuni accorgimenti utili
e forse necessari dal momento che il tonno è a pagliolo
fino a che non arriva sulla nostra tavola. La corretta gestione
del pescato consente un ottimale utilizzo degli spazi a
bordo, che si sa non sono mai abbastanza, ma soprattutto
una adeguata conservazione di ciò che poi diventerà
ambita portata per noi ed i nostri amici. Mi riferisco essenzialmente
alle grosse prede come pesci spada e tonni, poiché
quelli di medie e piccole dimensioni trovano facile alloggiamento
nelle vasche del pescato o nelle apposite casse coibentate
e refrigerate con diversi sistemi.
La prima operazione da compiere sul pesce, quando
è a pagliolo è l'asportazione dell'apparato
branchiale e degli organi interni.
Questi sia per la loro più facile e veloce decomposizione
che per una possibile presenza di parassiti che potrebbero
infettare le carni, devono essere immediatamente estratti
e gettati a mare.
Il parassita a cui faccio riferimento è l'Anisakis.
Si tratta di un animaletto che allo stato larvale si presenta
come un sottile filamento lungo qualche centimetro che normalmente,
durante la vita del pesce, staziona all'interno dell'intestino
e si trasferisce nelle carni dopo la morte del pesce stesso.(
Specifico
articolo più esaustivo è stato Pubblicato
sugli speciali di Biggame).
Tolte tutte le viscere è importante rimuovere, aiutandosi
con uno sfilettatore, la sottile membrana lungo la
spina dorsale che ricopre un deposito sanguinolento che
andrà asportato semplicemente con un dito.
A questo punto non resta che cercare di eliminare il sangue
residuo presente sia nella carne che, soprattutto, nei grossi
vasi sanguigni che percorrono il tonno per tutta la sua
lunghezza.
Ottima soluzione sarebbe quella di poter disporre di attrezzature
che consentano di appendere il tonno per la coda e, tenuto
in verticale fargli sgorgare il sangue da appositi tagli
fatti subito dietro le aperture branchiali.
Questa opportunità, non è però facile
poterla attuare con imbarcazioni di dimensioni modeste ed,
oltre tutto, lascerebbe comunque il pescato alle dirette
azioni del sole che ne rovinerebbero le carni in poco tempo.
Un sistema che può risolvere tali esigenze è
quella di praticare due tagli, adeguatamente profondi,
sui lati del tonno: uno subito sopra la pinna caudale e
l'altro dietro le branchie. Con tale operazione si recidono
così l'arteria e la vena caudale oltre alle estremità
dell'aorta dorsale e ventrale. ( Vedere foto pagina)
Si può adesso legare il tonno e gettare fuori banda
affinchè si compia il "lavaggio"
delle carni.
Da questa operazione nasce però un altro problema:
e se durante il proseguo della giornata di pesca
parte un altro tonno?
e questo lo chiamate un problema??!!!
Come ci comportiamo? Dopo aver compiuto tutte le
azioni che facciamo normalmente dopo la partenza del tonno
(togliere le canne, mollare l'ancora, prendere la cintura,
mettere in moto i motori, ecc.) dobbiamo anche tirare in
barca il tonno precedentemente catturato.
Questo diventa veramente difficoltoso ed addirittura pericoloso
in una fase di alta concitazione dei membri dell'equipaggio,
soprattutto se la barca non dispone del tuna door. Significa
quindi far passare il pesce (magari anche di peso sostenuto)
da sopra la murata per farlo poi ricadere nel pozzetto:
operazione già di per se piuttosto a rischio di farsi
del male in condizioni normali, figuriamoci in quei momenti
in cui tutte le azioni devono essere compiute con la massima
velocità e, a volte, senza avere neanche il tempo
di pensare alle conseguenze delle dirette azioni!
Una volta tirato a bordo, sarà comunque un ulteriore
corpo che ostacolerà ancor più le successive
azioni di combattimento del pesce in canna.
Personalmente ho adottato un semplice quanto funzionale
sistema: Una volta praticato le incisioni dei vasi sanguigni
già descritti lego due cime di pari lunghezza sia
alle branchie che alla coda del pesce; collego poi la cima
legata alla bocca al gavitello di segnalazione dell'ancoraggio
( per intendersi quello che in caso di partenza del tonno
consente di mollare l'ormeggio per recuperarlo a cattura
effettuata).
La cima che ho collegato alla coda la lego invece ad un
altro gavitello o parabordo libero e mollo il tutto a mare
(Foto
2)
In questo modo riusciamo a risolvere le due necessità
inizialmente elencate:
1) il tonno in questa posizione orizzontale si dispone
"in corrente" facendo così scorrere l'acqua
al suo interno e perdere il sangue residuo che non avrà
possibilità di coaugularsi;
2) in caso di allamata di altri pesci, mollando la
cima dalla barca, lasceremo anche lo stesso tonno in acqua
che recupereremo a cattura effettuata e quindi avremo la
possibilità di combattimento con minori ingombri
a bordo.
Una volta portato il tonno a casa per la sezionatura, prima
di confezionarlo nelle pezzature desiderate, consiglio di
realizzarne grossi tranci, privi di pelle e delle lische
e di tenerli immersi in una tinozza con acqua e ghiaccio,
premendone, ti tanto in tanto le carni.
L'ultima operazione da fare prima della collocazione nei
sacchetti da congelatore è quella di lasciare ben
scolare i liquidi assorbiti affinchè questo non avvenga
durante il congelamento stesso. Avremo così, al momento
del successivo uso, una carne congelata, pronta per la cottura
e priva di ogni residuo di sangue.
Stefano Naldi
Team
Aieie
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