Strepitoso FINE ANNO
Cronaca di una cattura
Sfumata la battuta di pesca organizzata per l'alba del 26/12/2005
a causa della "defaiance" del figlio, ho deciso
di andare lo stesso, da solo, da Catanzaro a Roccella Jonica,
quanto meno per mettere in funzione i motori della barca,
ormeggiata al Porto "Maria SS delle Grazie".
Arrivato a Roccella intorno alle 08.30, a dispetto
delle previsioni metereologiche che prevedevano tempo nuvoloso
con pioggia, (il cielo era sgombro di nubi, vento quasi
assente e mare buono), decido di fare un giro.
Appena fuori l'imbocco del porto, ho filato ai lati della
barca due lenze a mano (lunghe una trentina di metri) con
esca artificiale (un polipetto bianco e uno rosso), nella
speranza di catturare qualche discreto tonnetto.
Dopo circa un'ora, non avendo preso niente né tantomeno
avuto qualche "toccata", punto verso riva per
tentare la sorte con qualche seppia o polipo. Improvvisamente
noto, davanti alla prua, in lontananza, un volteggiare frenetico
di gabbiani; spingo la manetta tutta in avanti e mi dirigo
verso la zona che distava circa mezzo miglio.
La visione era fantastica: il mare sotto i gabbiani ribolliva
di schiuma ed in mezzo ombre scure che si dimenavano freneticamente;
bellissima scena.
Non ho avuto tempo di montare la 30 libbre, mi infilo nella
schiuma tirando avanti e indietro le due lenze; subito una
toccata, poi un'altra ancora senza riuscire a ferrare: impreco.
Rigiro la barca e ritorno tra la schiuma.
Uno strattone poderoso e la lenza con i due metri di filo
che avevo in barca scivola tra le dita surriscaldandoli;
il filo, agganciato alla maniglia del finestrino, si tende
paurosamente; mi aspetto da un momento all'altro la rottura
che per fortuna non avviene, spengo contemporaneamente il
motore, infilo un paio di guanti ed esco sul pozzetto.
Riesco a recuperare sei sette metri di filo quando improvvisamente
un altro violento strattone mi strappa la lenza dalle mani
che, nonostante i guanti, cominciano a scaldarsi. Tutti
i trenta metri di filo pendono fortemente e perpendicolarmente
verso il fondo dalla murata della barca.
Anche questa volta penso che il filo non reggerà.
Non potendo fare altro lascio la lenza in tiro, rientro
nella cabina e prendo il raffio mettendolo a portata di
mano.
Aspetto qualche attimo poi recupero altri sette, otto metri
di filo e anche questa volta un'altra fuga mi fa scivolare
la lenza tra le dita, costringendomi a mollare la presa
per il bruciore e a lasciarla penzoloni dalla murata.
Ripeto l'operazione un'altra volta con lo stesso risultato;
decido allora di tirar fuori la canna e di tentare il recupero
agganciando la lenza. Preparo il tutto ma prima di passare
alla fase esecutiva faccio un ultimo tentativo con le mani.
Recupero piano piano la lenza e questa volta, benché
opponga una discreta resistenza non dà più
strattoni, viene su lentamente, molto lentamente. Intravedo
una sagoma bianca che a giri concentrici sale, sale, sale.
Non fa resistenza neanche quando infilo il raffio nelle
branchie e lo sollevo nella barca.
Respiro.
Faccio fatica a deglutire.
La gola è secca per l'emozione.
Realizzo: una leccia, una splendida e maestosa leccia dal
peso di kg.12,660 e una lunghezza di mt. 1 e 14 cm..
Proprio una bellissima ed entusiasmante chiusura di fine
anno, un fantastico Santo Stefano che ricorderò per
un bel pezzo.
Roccella Jonica - 26.12.2005.
Domenico CHIANESI
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