Sulle secche di Capo Spartivento
FOTO
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La foto è la conclusione di una splendida giornata
di pesca tra amici fatta agli inizi dicembre 2006.
La bellissima ricciola, 29.700 kg, è caduta vittima
di una seppia vivissima portata a spasso sulle secche di
capospartivento; è stata imbarcata, non senza l'aiuto
di un pizzico di fortuna, dopo un combattimento al cardiopalma
ricco di imprevisti.
La sveglia è puntata alle 3 e 45, ma la notte comunque
passa insonne la, mente è gia in barca, sarò
ospite di 2 amici che pur essendo piccoli pescatori professionisti,
non disdegnano di tanto in tanto un'uscita sportiva, qualche
ora di pesca passata in relax tra amici.
Alle 4 e 30 la barca è gia in acqua si va alla ricerca
dell'esca viva, non tardiamo a fare quale seppia e prima
che il sole sorga siamo sul posto in cui quale giorno prima
loro stessi hanno catturato un ricciola di 14 kg alla vecchia
maniera, cioè senza l'aiuto della canna semplicemente
con 100 m di nylon un piombo e un terminale dello 0,70.
Inizialmente si traina alla loro maniera, con la lenza
in mano, ma la mia 50 lbs della italcanna e il muli penn
senator 6/0 sono li pronti a subentrare al momento giusto.
Dopo quale ora di traina il traffico in zona non ha nulla
da invidiare al centro delle grandi metropoli, decido ugualmente
di far entrare in gioco la canna, tentiamo di dare la sveglia
ad una giornata che fino ad allora era stata avara di emozioni.
Decidiamo di tenere a mollo entrambe le lenze, e la cosa
mi piace, si gioca alla Zeman, spregiudicati, anche perché
la poppa della barca di legno non ci permette di distanziare
molto le lenze.
La lenza mano di Andrea batte quota - 30 io decido di andare
un po' più giù, un amico di guardia mi aiuta
a raggiungere agevolmente quota - 40, già dalla prima
mattina le ricciole si trovavano li almeno secondo l'eco.
Il "nuovo" metodo sfida il "vecchio"
sistema a duello.
Un paio di giri è boom la canna parte, proprio nel
momento in cui la barca sta girando, la fuga parte proprio
verso l'altra lenza, che si ingarbuglia sul mio trecciato,
dandoci per un momento l'illusione del doppio strike qualche
attimo e comprendiamo il casino che abbiamo sotto di noi,
mentre la prima fuga va pian piano estinguendosi. Comincio
a pompare e sudare e intanto penso che se mi passasse a
tiro quel tizio che disse "chi non risica non rosica"
di sicuro lo manderei a farsi benedire. Pescare con due
lenze si è dimostrata una pessima idea.
Arriva il groviglio che si rivela non particolarmente complesso,
almeno fino a quando non ci accorgiamo che l'impossibile
a volte e possibilissimo anzi. Il tracciato si è
infilato all'interno del occhiello del trainante
dell'altra lenza e non ne vuole sapere di uscire di li,
sembra ci sia feeling tra i due, si recide il terminale
e una seppia con due ami rimane a penzolare nel modo più
assurdo possibile, al filo che mi lega alla preda che intanto
cerco di controllare per facilitare le operazioni ai miei
compagni di pesca che armeggiano vicino al filo con un coltello
che farebbe impallidire Eduard mani di forbice.
Cerco di scacciare i pensieri più neri che mi frullano
in testa visto il casino in cui siamo. Dopo una decina di
minuti il pesce riparte in una fuga che sembra interminabile,
vanificando tutto il lavoro fatto fino a quel momento, la
cintura comincia a fare male, ma mi consolo pensando che
un amo del 9/0 piantato in bocca faccia ancora più
male.
I primi cenni di cedimento si fanno sentire e il mio avversario
sembra non riuscire più a contrastare la forza che
cerca di portarlo fuori da quell'ambiente umido e freddo.
Il nodo albrigth che lega il trecciato alla prima parte
di nylon è sempre più vicino e ora anche la
sagoma argentea si intravede, quei bagliori mi danno nuovo
vigore, vedo la vittoria sempre più vicina, ma l'
albrigth all'interno dell'occhiello dell'amo, che intanto
e sempre li in un posto in cui mai e poi mai dovrebbe trovarsi,
non ci passa e Andrea non se lo fa dire 2 volte afferra
il nylon e a mani nude, come d'altronde di solito combatte
questi pesci, salpa gli ultimi metri, vicino al bordo della
barca. Nino aspetta impietosamente di avere a tiro il suo
bersaglio.
Il fendente si leva, cinico, verso la vittoria e l'acciaio
lancina le carni di quello che fino a un attimo prima era
un predatore temuto e che adesso si trova a dimenarsi nel
pozzetto. Nel momento in cui scrivo sono passate meno di
6 ore da quel momento e sinceramente ancora non ho metabolizzato
la cosa, la fortuna sta volta si è messa dalla nostra
e ci ha assistito fino all'ultimo, le foto di rito immortalano
un momento che sicuramente nn avrebbe bisogno di immagini
per essere ricordato.
La ricciola fermerà l'ago della bilancia sui 29,700
kg
NINHO
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