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Palamite in Light Drifting

 

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Abbiamo a disposizione canne di circa 4 metri, un po' abbondanti per il tipo di pesca dalla barca, ma ci consento di effettuare i lanci necessari ad allontanare le esche e farle scendere dolcemente fino alla profondità di 20 metri.
In bobina abbiamo sia multifibre (Net e Merlino) che nylon (Silver), i terminali dello 0,25 e 0,28 con l'ultimo pezzeto in dacron per resistere ai denti delle palamite sono già pronti e lunghi 2 metri, con ami dell….. e piombi intercambiabili di 20-30 e 50 grammi, e galleggianti grossi di 50 grammi.
Come ultimo tratto del terminale usiamo il dacron da 50 a 80 libbre; con il secondo è più facile eseguire l'operazione del "calzino" che consiste nell'inserire un ferretto fine nel dacron allargandone il foro così da farci passare agevolmente la lenza del terminale all'interno. Eseguita quest'operazione inseriamo la lenza all'interno del dacron, ed effettuiamo il nodo sull'amo che ha l'anellino terminale; un successivo nodo semplice alla fine del dacron servirà per fermarlo sulla lenza. Il nodo sull'amo non deve essere voluminoso e le spire per effettuarlo devono essere dello stretto necessario. L'amo spesso rimane attaccato sull'apertura dello stomaco o poco dentro e così senza dacron e con terminali sottili è quasi impossibile superare indenni le conseguenze dei denti della palamita, anche quando il dacron è sostituito da una semplice treccina prima dell'amo (raddoppio lenza).
L'esca, quasi sempre sarda, deve essere sostenuta da un sistema leggero che non ne impedisca di muoversi sotto l'effetto della corrente o dell'onda; più si muove in modo naturale, più risulterà visibile ed attraente alle palamite cosa decisiva nei momenti di stanca quando il pesce non sembra più affamato. Non consigliamo quindi di sostituire il dacron con sistemi più pesanti come spezzoni di acciao piatto od altro materiale similare.
L'amo scelto è un gamakatsu 3/0 leggero perché è importante non appesantire l'esca che deve rimanere il più possibile naturale nel suo moto indotto dalla corrente e dalle onde che fanno muovere il galleggiante e conseguentemente il sistema a lui appeso.
La scelta di usare un terminale della lunghezza di 2 metri rientra nella logica sopra descritta e cioè di allontanare l'esca dal piombo per questioni di visibilità, ma anche per far lavorare l'esca in maniera naturale annullando leggermente la rigidità del sistema data dal piombo sulla lenza.
Il piombo, nella logica di pescare leggeri, varia dai 20 ai 30 gr di peso. Solo alcune volte abbiamo usato pesi superiori fino a 50 e 75 gr, eravamo più accostati ai pali in una situazione in cui era necessario affondare le esche velocemente per non farle mangiare da boghe e lanzardi, molto ma molto più numerosi a quelle distanze. Dove ci siamo posizionati l'ultima volta, la presente descritta, non vi era questo problema ed un peso più leggero consentiva all'esca di scendere dolcemente e in caduta di farsi notare dalle palamite poste anche ad una profondità inferiore rispetto a dove si sarebbe posizionata poi l'esca (20 metri). E' una tecnica utilizzata anche da chi frequenta i barcon e dove non è possibile utilizzare, per ovvi motivi di spazio, il galleggiante; piombi leggeri permettono di lanciare comunque l'esca a circa 10-15 metri dalla barca e di scendere lentamente alla profondità voluta ed è in questa caduta verso il fondo che l'esca spesso viene vista ed intercettata dalla palamita. Anche il fattore corrente decide sulle dimensioni del piombo e per rimanere alla profondità voluta spesso bisogna arrivare anche ai 100 gr.
Il galleggiante viene bloccato nella posizione prestabilita a mezzo di stopper (nodo con filo sulla lenza) e perlina; dopo le prime catture ricordiamo di controllare periodicamente la distanza fra lo stopper e il piombo, che spesso viene spostata dai combattimenti con i pesci più grossi.
Gli starlight sono pronti all'uso e all'imbrunire, se non c'è luce diffusa che illumini la nostra zona di pesca, (luci delle torri, luci dei barcon, luce propria) vengono fermati sul galleggiante e qualche volta vengono anche inseriti sotto il piombo prima della girella con moschettone. Nella presente uscita ha funzionato anche quest'ultima soluzione. La luce incuriosisce la palamita che avvicinandosi troverà poi anche la sarda.
L'ago, fondamentale averlo in barca per l'innesco che a seconda delle fatture viene eseguito introducendo la punta dentro la bocca della palamita, fatto passare per il corpo, meglio se nella parte verso la schiena, facendolo fuoriuscire dalla coda; prima che la testa dell'ago sparisca dentro la bocca della sarda viene infilato nella fessura finale l'asola del terminale. Tirando poi l'ago dalla punta fuoriuscita dalla coda, il terminale viene fatto passare dentro il corpo della sarda fino a far arrivare e nascondere l'amo dentro la bocca; ne rimarrà fuori solo la punta. E' l'operazione più delicata che va eseguita attentamente e con cura evitando di stringere troppo l'esca con il palmo della mano; se poi si esegue il lancetto lontano dalla barca, è bene effettuare un mezzo giro al terminale e bloccarlo sulla coda (la coda va fatta passare dentro) questo ci permetterà di ridurre il danno della lenza sull'esca nel momento del lancio, aumentandone così la durata nella pesca.

 

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28 Agosto - 2004 (Powered by Net Tuna)