Ancoraggio.
Se vogliamo insidiare gli esemplari più importanti,
insieme ad altre specie interessanti di cui diremo in seguito,
dovremo cercare quei tagli o quelle scadute delle secche
lontane che guardano verso il largo e che degradano su fondali
più profondi di fango dove i rosei amici stazionano
per il resto dell'anno.
Tali conformazioni non dovranno essere molto ripide e dovranno
essere formate da scoglio basolato con formazioni coralline
o conchiglie. Un valido aiuto può essere dato dalle
carte nautiche nei punti dove leggeremo "cn" o
"cr".
Ma attenzione, una volta raggiunta la zona desiderata inizia
il vero calvario di questa pesca: l'ancoraggio. Molti forse
sottovalutano l'importanza di questo momento fondamentale
e, non vedendo l'ora di calare le lenze, si soffermano senza
nemmeno capire dove stanno pescando.
A questo punto spero che questo sia solo un problema presente
dalle mie parti nel Salento, ma non credo. Infatti le variazioni
di corrente e la difficoltà di capire quale sarà
la risultante sulla direzione della barca fra componente
vento e componente corrente non vi consentirà di
pescare per molto tempo sempre sullo stesso punto buono
prescelto.
Anche il soffermarsi qualche minuto prima di calare l'ancora
per vedere la direzione presa non sempre dà buoni
risultati poiché molto spesso sulla stessa colonna
d'acqua possono esserci correnti con direzione diversa.
Ed allora che fare? Bisogna armarsi di santa pazienza
e tentare il primo ancoraggio verificando la corrente superficiale
ed il vento; ogni buon bolentinista sa che in una giornata
di pesca gli toccherà issare l'ancora più
volte se vuole raggiungere dei buoni risultati.
Solo dopo che la barca si sarà stabilizzata proveremo
a calare una lenza per verificare la corrente sul fondo;
se siamo fortunati riusciremo a pescare un po' vicino al
punto visionato sullo scandaglio, altrimenti, dopo aver
verificato tutte le componenti delle varie correnti e del
vento e dopo aver posizionato un pedagno sul punto buono,
riproviamo l'ancoraggio.
Qualcuno ha provato ad ancorarsi con due ancore, una a
poppa e l'altra a prua, ma da 40 metri in giù, che
è poi la profondità migliore, diventa difficile
gestire molte decine di metri di cima.
Normalmente si possono usare delle ancore ad ombrello di
un buon peso con la catena posta sulla parte bassa tramite
un grillo d'acciaio e del filo di nylon doppiato a tenere
la catena sulla parte superiore dell'ancora in modo che,
in caso di incaglio, con un buon strattone l'ancora verrà
tirata da sotto liberandosi.
Buona è anche l'ancora con marre in tondino e piegate
a rampino: anche qui con uno strattone le marre si piegano
verso l'esterno e l'ancora si libera. In alcuni negozi vendono,
poi, dei moschettoni provvisti di linguetta ribaltabile
attraverso cui far passare la cima dell'ancora; lo stesso
moschettone sarà collegato ad un robusto gavitello
d'ormeggio tramite un grillo in acciaio; al momento di salpare
l'ancora si fissa sulla bitta di poppa la cima e si dà
gas risalendo la corrente: quando la catena sarà
arrivata al moschettone, la si potrà portare in barca
con facilità. Io consiglio vivamente l'uso di questo
attrezzo soprattutto in condizioni di mare forte, così,
oltre a non stancarsi, si eviterà il pericolo di
imbarcare acqua da prua.
(I
finali)
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