UNA CATTURA IMPROBABILE
Tre giorni di riposo tutti da dedicare alla pesca.
I primi due dedicati a battute al tonno in compagnia della famosa
armata brancaleone che questa volta non si è distinta per
le molteplici avarie meccaniche del passato ma per l'ennesime
clamorose imbiancate della stagione.
Mi rimane un giorno, le estenuanti giornate di pesca trascorse
non mi fanno sentire la sveglia ed esco di casa verso le otto.
Si è alzato già un po' di libeccio niente di buono:
farò dell'esca viva e poi la trainerò in prossimità
del biondo Tevere. Esco dal porto canale di Ostia e dopo un miglio
preparo le traine per procurarmi sugarelli, lanzardi od altro
da mettere nella vasca del vivo. Per questo tipo di pesca uso
posizionare sui portacanne esterni due canne che utilizzavo anni
fa nel carpfishing di 3 metri e 30 che fungono quasi da divergenti
distanziando tra loro le lenze e mi permettono facilmente di calare
altre lenze a centro barca. Come esche monto minnows di 7 e 9
cm di vari colori.
Il mare è increspato, non si vedono gabbiani su mangianze
ma anche in queste condizioni nei giorni scorsi qualche pescetto
si è preso. Sono in assetto da pochi minuti quando una
delle canne lunghe laterali si piega segnalando che qualcosa ha
abboccato. Un po' di timone dalla parte opposta e mi appresto
a recuperare. Appena ho la canna in mano mi rendo conto che non
è il solito maccarello ma forse una più energica
palamita che porta via un po' di filo del mio 0,30 dallo shimano
bait runner. Passano pochi istanti e la fuga si fa più
veloce e incontrastabile. Riduco la velocità ed accosto
verso il pesce per rimontare, ormai ho fuori più di cento
metri di lenza.
Conosco bene la mia attrezzatura per averci pescato carpe ragguardevoli
e so a che limiti spingerla.
Stringo la frizione posteriore del mulinello e riavvolgo qualche
decina di metri. Con delle acrobazie riesco a togliere le altre
canne in pesca e il pesce ha riguadagnato terreno.
Ora però ho il pozzetto e lo specchio di mare dietro di
me sgombro e posso manovrare anche di motore. Il vento continua
a rinforzare ed il mare comincia ad ingrossarsi quando vedo scodare
tra gli spruzzi a galla qualcosa a cinquanta metri dalla barca.
Penso di avere gioco facile quando improvvisamente il mio avversario
decide di arroccarsi sul fondo di circa trenta metri. La specimen
carp è alla sua massima flessione e l'azione di pompaggio
è nulla.
Metto in folle il motore per consentire allo scarroccio sempre
più forte della barca di smuovere il pesce dallo stallo
in cui mi aveva messo. Funziona ma il combattimento dura ancora
per tempo che sembra non voler finire mai fino a quando scorgo
a pochi metri la sagoma inconfondibilmente chiara di una bella
leccia. Non ha più forze, un colpo di raffio e nel
pagliolo non si dibatte. Anche io sono stremato dalla leva sfavorevole
di una canna così lunga ma che sono convinto è stata
un arma a mio favore per concludere positivamente la cattura.
Ha ammortizzato con tre metri di nervoso carbonio l'azione di
difesa del pesce e insieme ad una taratura della frizione per
il monofilo del 30 ha impedito che le deboli ancorine del piccolo
minnow cedessero. Ho guardato allora il punto sul GPS e verificata
la traccia zigzagante fatta di virate e accostate lunga più
di un miglio. Per esigenze di copione nella foto ho accostato
la più fotogenica canna da spinning e non quella utilizzata.
"Trolling"
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