A Nord della "Daria", a cinque miglia, vi è
una zona, che ad agosto riserva spesso piacevoli sorprese.
Appena arrivati, strisciata e filatura delle tre ottanta
libbre come da copione.
Dopo mezza cassetta (tipica unità di misura del tempo
adottata dai pescatori di tonni che usano le cassette di
sarde come se fossero clessidre) il palloncino a venticinque
metri affonda deciso. "Eccolo!", ma la lenza non
va in tensione ed ancora prima di arrivare ad impugnare
la canna, il palloncino riemerge.
Nel pozzetto la scarica di adrenalina porta l'eccitazione
alle stelle. L'amo nudo non mi chiarisce se ha avvertito
il ferro. La domanda è di quelle che non ti fanno
dormire la notte, ma, per fortuna, a scongiura di notti
insonni, parte la canna in volo ad una velocità tale
da trasformare il gracidare della cicala in un urlo acuto.
Canna nel bicchierino, ci lanciamo all'inseguimento. Andrea
fa avanzare la barca a velocità sostenuta, cercando
di mantenere la lenza ad un angolo di circa trenta gradi
con la prua. Ideale per recuperare con la sedia a poppa
poiché si riesce a ridurre rapidamente la distanza,
evitando che l'angolo troppo aperto provochi pericolose
pance nella lenza in acqua.
Tre o quattro fughe violente sempre verso ovest dove la
profondità aumenta, poi si mette a nuotare potentemente,
ma più lentamente, tranquillizzandosi sui quaranta
metri di fondale. Mancano cento metri di lenza da guadagnare,
quando gli offriamo la poppa. E' arrivato il momento di
cominciare a forzarlo sul serio. Ora dobbiamo combattere
anche contro il tempo per rilasciarlo nelle migliori condizioni.
Nel pozzetto si stanno sviluppando due teorie su come
riuscirci. Andrea incita Enes con il classico ritmico "Pompa!
Pompa!", mentre Beppe, con già indosso i guanti
per agguantare il terminale, urla al tonno che si può
fare tranquillamente avvicinare tanto dobbiamo solamente
fargli una "punturina" e poi togliergli il fastidio.
Non so se siano più convincenti le parole di Beppe
od il tiro della canna, comunque, dopo un quarto d'ora di
testate e giri in tondo, riesco ad intravedere il bimini
quattro metri sotto.
L'allarme dell'eco suona e Beppe, dopo averlo scrupolosamente
esaminato, mi rassicura che il tonno è a 28,7 metri.
I conti non tornano: la doppiatura più il terminale
misurano undici metri per cui si deve trovare circa a quota
quindici.
Guardo l'eco assieme a Beppe e , con la gentilezza che
mi contraddistingue in certi concitati momenti, gli spiego
che la temperatura dell'acqua indicata sul visore non deve
necessariamente corrispondere alla profondità, anzi
è sempre completamente diversa. Il bimini entra nel
puntale e si mette a ballare fra le prime due carrucole
senza volerne sapere di arrivare al mulinello.
Enes abbassa la canna repentinamente e girando in anticipo
la manovella, riesce a rubare il tempo al pesce, ha guadagnato
due spire di doppiatura sulla bobina.
Leva della frizione in Full, ingranaggi in ridotta, macinando
sulla manovella si guadagna a fatica, ma costantemente,
un centimetro alla volta.
( seguito
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