COME AFFONDARE L'ESCA
(Palla o Monel ?)
Correvano gli anni della mia prima esperienza professionale
di medico.
Mi trovavo su un'isola dell'Arcipelago Toscano, dove l'unico
orizzonte, era lo splendido mare che la circondava.
Isolato dal resto del mondo, quattro giorni su sette, avevo
come scelta per il tempo libero: passeggiate, lettura, meditazione
...... pesca.
Da buon livornese, "quale sono e fui", cresciuto
con la lenza in mano ad insidiare paraghi, scelsi ovviamente
la pesca.
Tentai fortuna dalla scogliera, ma con risultati positivi,
solo in presenza di forti sciroccate.
Decisi di usare la barca.
Inizialmente ero preoccupato per il mal di mare.
Ricordavo ancora il rimedio che mia zia, ad onor del vero
con scarsi risultati, mi propinava da anni alle sette del
mattino: fette di pane e pasta di acciughe.
Al momento di attuarlo non riuscii a trovare quest'ultimo
ingrediente.
Fu la mia fortuna.
Non ho mai più sofferto il mal di mare.
Rivedendo analiticamente il problema, probabilmente era
proprio la pasta d'acciughe che mi nauseava.
Mi consigliai con i pescatori dell'isola che mi dissuasero
dall'insidiare i paraghi a bollentino. Troppo fondo.
Decisi allora per la traina.
Comprai una "Bibbia" dell'argomento dal titolo
"Piccola e media traina" di G.Giannini, la lessi
e rilessi e mi tuffai con l'entusiasmo del neofita, che
peraltro tuttora si mantiene immutato, in questa meravigliosa
tecnica di pesca.
Le mie prede diventarono occhiate, aguglie, limoncelli,
lecce stelle e quant'altro potevo insidiare in superficie
con un piccolo cucchiaino.
Poi divenni più esigente....... volevo un dentice.
Ma come fare per insidiarlo.
L'unica persona, di mia conoscenza che praticava quel tipo
di pesca, con splendidi risultati, era "Neno"
il comandante che ogni quindici giorni portava con una "peschereccio"
da carico le cose necessarie alla sopravvivenza dell'isola
e mentre degli operai scaricavano il mezzo, prendeva una
piccola barca vi portava, nascondendola alla vista di tutti
una cesta con le sue attrezzature e immancabilmente dopo
un paio d'ore tornava con dei dentici.
Cercai di persuaderlo a svelarmi i suoi segreti, ma senza
successo.
Decisi per lo "spionaggio".
Un giorno attesi che andasse a mangiare.
Andai sottobordo al peschereccio e senza farmi vedere scalai
una murata e salì.
Rovistai in coperta e finalmente trovai il "tesoro".
Una cesta da ortaggi in plastica, in cui trovava posto,
raccolta in modo circolare un buon metraggio di lenza con
vari piombi a oliva, intercalati da girelle, un terminale
più sottile del resto con attaccato un pesciolino
bianco e nero con una paletta metallica in testa.
( Continua
)
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