TONNI DI SUPERFICIE
Luglio 2004
Dopo vari getti alternati, a cui seguono i relativi spostamenti
del tonno togliamo tutte le canne dall'acqua lasciandone una innescata
tenendone in mano l'amo ed alcuni metri di filo. Il pesce esegue
gli spostamenti con meccanicità, essendosi adeguato al
normale zigzagare e dopo l'ultimo lancio a destra a cui fa seguito
l'ennesima comparsa, getto l'esca sul lato di sinistra verso la
quale si dirige il pesce con relativa lentezza. Attimi interminabili
che fanno scatenare tutte le emozioni di cui neanche pensi l'esistenza.
Sarà a neanche un metro dalla sarda, apre nuovamente la
bocca ma diversamente da quanto fatto fino ad ora, la richiude
solo dopo aver ingoiato l'inganno! E' fatta!
Penso non si sia neanche accorto della trappola e procede con
calma, facendo scorrere sul pelo dell'acqua il filo, fino ad adesso
rimasto in bando; si tende, si flette leggermente la canna e subito
dopo la solita fuga, violenta e veloce, che narra l'estremo terrore
vissuto dall'animale per l'inaspettata sensazione di dolore e
di trattenuta che ne impedisce il normale nuoto.
Il pozzetto è già libero, la cintura già
indossata, non resta che mettere in moto e mollare l'ancora. Neanche
un minuto e siamo in combattimento; non gli abbiamo lasciato neanche
il tempo di finire la prima fuga che già, in questa fase,
gli siamo al seguito recuperando già del filo in bobina.
"Questa volta lo spompiamo velocemente" - pensiamo tutti.
Ma non abbiamo fatto i conti con la grossa mole di cui nessuno
dell'equipaggio ha alcuna esperienza.
Si sussegue così un'ora e mezzo di intenso combattimento
in stand up, al quale, segue il cambio dell'angler per un
mio reale cedimento fisico. Altra ora ed altro cambio, fino ad
arrivare a mettere alla prova tutti e quattro componenti l'equipaggio
e quasi a 5 ore di continua lotta.
La canna è una 30 - 50 libbre ( anche se imbobinata con
un più cauto dacron da 80 libbre) forse troppo leggera
per tale mole o forse è la nostra inesperienza per queste
dimensioni di tonni che ci fa sottovalutare la lotta.
Siamo tutti distrutti, demoralizzati per non intravederne la fine;
il caldo è estremo ed incomincia a fare tardi per un tranquillo
rientro in porto con la luce del sole.
All'unanimità decidiamo di serrare maggiormente la frizione
e di giocare il tutto e per tutto. Con tali valori è però
ancora più faticoso il combattimento che rischia oltretutto
di diventare anche pericoloso: in alcuni momenti siamo costretti
ad aiutare e trattenere l'angler per contrastare l'inaspettata
forza che tende a strappare pericolosamente verso l'esterno il
lottatore di turno.
Un allentamento improvviso, provvidenziale, che fa percepire
in ognuno di noi che la lotta è finita, insieme al dolore
ed allo sfinimento fisico ma soprattutto, capace di concludere
questa sofferenza morale di inadeguatezza ed incapacità
a combattere e controllare questo enorme e stupendo animale.
Rientriamo in porto con l'altro tonno di circa 80 kg catturato
la mattina appena messi in pesca. Solitamente avremmo brindato
e condiviso gioiosamente la cattura; questa volta non è
così, ci rimane nell'animo questa grave disfatta, una partita
perduta sicuramente con dignità ma che lascia in tutti
noi la consapevolezza degli errori che sono stati fatti. Ancora
non sappiamo quali, dove abbiamo sbagliato o dove potevamo fare
diversamente per portare positivamente a conclusione la lotta.
E' questo che ci lascia amareggiati
e non è possibile
tornare indietro!
Ci vorranno alcuni giorni per metabolizzare l'accaduto, durante
i quali rivivremo mentalmente, ognuno per proprio conto, le immagini
dei momenti trascorsi in mare. E' un piacevole film del
quale vorremmo rimontare le fasi conclusive della pellicola con
tutt'altro finale, ma così non può essere
Stefano Naldi
Team
Aieie
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