Solito rituale, foto, misurazioni, varie, complimenti, pesatura,
ma c'è un problema: la mia bilancia dinamometrica arriva
ad un massimo di 22 kg. E nel pesare il pesce arriva al fondo
scala, quindi: è sicuramente più di 22 kg.! La pulisco
subito e come al solito provvedo all'esame autoptico per vedere
se aveva già fatto colazione quella mattina, nello stomaco
ho trovato una decina di costardelle: è proprio vero che
i pesci non sempre attaccano per fame.
Evidentemente la "caramella" aveva innescato il meccanismo
giusto. L'esca usata (passiamo a cose un pò più
tecniche) era un prototipo (poi purtroppo perso in Turchia lo
scorso anno) costruito dal mio amico Tommy, usando un piombo da
surfcasting, tipo Roccotop, che viene ricoperto di resina epossidica
bicomponente con aggiunta di brillantini e colorato di fucsia
(per questo si chiama la caramella), sulla scanalatura del piombo
viene applicato un trefolo di cima d'ormeggio nera da 18 mm.
Così felici, ma a questo punto sorge un altro problema.
Cosa ce ne facciamo di un animale simile? Infatti sebbene avessimo
a bordo uno dei migliori cambusieri del Mediterraneo nella persona
di Pierangelo, era impensabile che in sei persone avessimo potuto
mangiare oltre 22 kg. di pesce in breve tempo.
Avanti con le proposte: subito l'Angiolino, da bravo ligure,
propone di venderla facendo anche una serie di calcoli sull'eventuale
ricavato, ma io non amo vendere il pesce che pesco, mi sembra
di mortificarlo; dopo un po' di perplessità, colpo di genio:
e se la barattassimo ad un ristorante con una o qualche cena?
Proposta accettata; guide turistiche e telefonini in mano iniziamo
l'indagine di marketing.
Dopo breve, a Levanzo i ristoranti sono solo tre, prendiamo appuntamento
con lo chef del "Paradiso", se ricordo bene il nome.
Già lo sbarco con il tenderino in banchina inizia a smuovere
un pò le acque.
Vedendo che sul piccolo gommone quasi tutto il posto è
occupato dal pescione, iniziamo ad essere attorniati da villeggianti
che ci guardano come fossimo marziani.
Raggiunto il ristorante in cima alla collina e conosciuto lo
chef-proprietario, un arcigno siciliano veramente tosto, ridiscendiamo
verso il molo con una carriola concessa dal promittente acquirente.
A questo punto la scena che si presentava era da flauto magico:
io che arrancavo sulla stradina con l'Aguglia che sciabordava
dalla carriola ed un nugolo di bambini festanti al seguito.
Il percorso era spesso interrotto da turisti che chiedevano di
farsi una foto ed uno di questi, romano, all'amico che si faceva
fotografare con il pesce:<<è inutile che te sta a
fa fotografà, tanto lo dico a tutti che nun l'hai presa
te!>>.
Arrivati finalmente al ristorante si procede alla pesatura facendo
a pezzi l'aguglia che fino a quel momento aveva fatto bella mostra
di sé: che dispiacere! Giunti al computo del peso (24 kg.
circa sventrata), intraprendo una contrattazione furibonda con
l'ostico oste che afferma di pagare le aguglie a non più
di 15mila lire al Kilo (a Gallipoli, per quelle poche che riesci
a trovare devi sborsare almeno 40mila lire al kg.).
Dopo mezz'ora di tira e molla chiudiamo la trattativa: una cena
di tutto punto per l'equipaggio, aguglia compresa (secondo me
è buonissima!), una cassa di vino bianco ed una bottiglia
di Marsala invecchiato.
Quale migliore fine per un pesce così bello ed appassionante?
Uncle Hernest.
Altre foto dell'uscita:
Aguglia
imperiale: Primo Piano
Aguglia imperiale: Zio Hernest in combattimento
Aguglia
imperiale: al raffio
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