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Indice Tecniche di Pesca

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CUBA - Banco de la Paz

Nelson e il Wahoo...

 

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Pesca a Cuba primavera 2007

Trinidad.

 

Finita è la notte e la luna si scioglie lenta nel sereno.

Anche per me, insonne costituzionale, è quasi finita questa interminabile ansia trascorsa con un occhio alla sveglia e l'orecchio teso a carpire il rumore del vento e della risacca. Vento che ci aveva lasciato ancora vigoroso la sera prima, dandoci preoccupazione che fosse presente anche il giorno dopo.

Perchè domani doveva essere un giorno importante.

 

Fuori dal bungalow mi accolgono molteplici acuti aromi di fiori e di mare, sotto un cielo maculato di stelle che si stanno spegnendo.

Il vento ora sembra calmato.

Sarà una buona giornata per la pesca. Lo voglio sperare.

Mi avvio nel vialetto che mi porta alla colazione nella sala buffet dell'Hotel che a quest'ora sembra disabitato.

E' il secondo giorno dall'arrivo.

Se mi chiedessero perchè vengo a Cuba non saprei sinceramente cosa rispondere.

O almeno non avrei una sola ed unica risposta.

 

Troppo facile rispondere : per la pesca. Farei un grosso torto alla natura, al clima e alla sua gente semplice, alle sue atmosfere magiche ai suoni delle sue musiche “ovunque”, avvolgenti, penetranti, mai insopportabili, che ti accolgono all'arrivo e non ti lasciano più fino alla partenza.

Ogni volta che torno è come se fossi rientrato a casa dopo un periodo di assenza.

Nulla è cambiato, tutto è come l'ultima volta, come se avessi appena lasciato questi luoghi.

Mi vengono incontro le voci soffuse degli inservienti e il profumo del caffè.

Il mio compagno già mi attende e appena mi vede sfarfuglia allegro e con la bocca piena " hai visto che non c'è vento?"

Mi chiedo perchè sono stato sveglio tutta la notte se potevo essere informato circa la condizione del mare da uno che si era appena alzato e magari aveva anche dormito come un sasso.

 

Poi bisogna vedere al largo.

Facciamo colazione in silenzio, poi fuori un contesto di toni rosa e scarlatti del cielo, di un fulgore che al confronto impietoso rende di una anemia perniciosa la nostra lontana terra padana.

Arriviamo al porto accolti dallo stridio dei gabbiani che si rincorrono gai nell'aria dolce del mattino.

 

Nelson il nostro skipper ci aspetta silenzioso; sa già dove portarci, dove vogliamo andare, se il mare lo consentirà.

I motori girano già al minimo.

E' giunto il momento del big game.

 

Lo yackt si stacca dalla banchina ed esegue slalom flessuosi fra le imbarcazioni ancora dormienti disseminate nella rada e punta deciso sul banco di destinazione.

Il mare è ancora un poco mosso e non permette allo scafo di assumere la velocità che vorremmo.

Siamo tutti muti; il pensiero è su come troveremo il mare al largo e se riusciremo a pescare agevolmente.

Il sole è già salito sull'orizzonte.

In meno di novanta minuti siamo sul banco di destinazione. Il banco de la Paz.

E' un reef di 25/30 m di profondità; si estende per alcuni chilometri quadrati, tutt'intorno gli abissi dei Caraibi. Il fondale è di corallo. E' la casa di tanti pesci; si tratta di vedere quali sono le loro intenzioni nei riguardi dei nostri artificiali.

 

Eravamo partiti con l’intenzione prevalente di far spinning e vertical jigging, ma le condizioni del mare non lo consentono ancora.

 

Nelson arma due canne trolling. Ci sta bene anche la traina. In cinque minuti sono gia in acqua. Questo è l'unico modo di pescare per ora con il mare che muove ancora abbastanza, a meno di non farci prendere dalla nausea. Montiamo inizialmente giganteschi Payback Monster Jet che sono molto indicati per tonni e rostrati. In un mulinello abbiamo Monel nell’altro un tracciato da 200 lb.

Insistiamo per un paio d'ore mentre le onde gradatamente si calmano.

 

Prima cambiamo vari stubbies ai Monster poi passiamo a minnows di profondità della Man. Cambiamo esche ogni quarto d’ora.

 

Nessun segno di abboccate, anche se l’ecoscandaglio segnala numerosi pesci stanzianti immobili sul fondo. monto come ultima ratio un Kona della Todd con coda siliniconica rosso/arancione da 22 cm. Stiamo quasi pensando di spostarci sul banco di Silvestron a 20 miglia da questo, quando la mia canna si flette improvvisamente e il Monel comincia a sfilare velocissimo, benchè il freno del mulinello fosse tarato al limite della tenuta della lenza.

 

Nelson arresta la barca. Col l'aiuto del mio compagno riesco a fatica a infilare il calcio della canna nella sede della cintura mentre il mulinello emette un suono uniforme che più che una raganella sembra una sirena.

Rischio stringendo ancora un poco il freno ma non posso andare oltre. Niente; non riesco a fermarlo.

Deve essere un vero bestione.

 

Sfila per almeno un centinaio di metri tanto da farmi temere di arrivare al termine della bobina. Purtroppo non ho backline oltre ai duecentocinquanta metri di monel.

Poi mi pare che la resistenza tenda a diminuire. Spero che possa cominciare il vero gioco.

 

Ricupero invece solo pochi metri di filo poi con un nuovo scatto se ne riprende il doppio.

 

Ora sono veramente convinto che è sicuramente un bel pesce.

Dopo cinque minuti posso finalmente cominciare a ricuperare.

La lenza sibila al vento senza mai salire di profondità.

Dopo alcuni minuti però sembra avvicinarsi maggiormente alla superficie.

Ho l’impressione che cominci ad arrendersi.

All'improvviso, a meno di 50 metri dalla barca, una schiena scura e lucida esce dall' acqua per circa un metro alzando spruzzi d'acqua che si indorano nel riflesso del sole che ci è di fronte.

Contemporaneamente sento uno strattone sulla lenza.

 

Tutti pensiamo che si tratti di un pinna gialla.

Ora la resistenza è abbastanza limitata

Cerco di ricuperare filo piu' in fretta possibile.

Un altro salto simile al primo ma più vicino ci consente di capire che si tratta non di un tonno ma di un grosso squalo. Poi tutto si quieta.

 

La nostra preda non se ne andata ma non oppone neppure resistenza, stiamo ricuperando un peso morto.

Ora è là che galleggia su di un fianco mentre un cerchio rosso, una macchia di sangue si allarga intorno formando una chiazza colorata di mare quasi calmo, circondata dall'acqua increspata e azzurra del grande Oceano.

 

Ricuperiamo in fretta quello che rimane di un whaoo del peso apparente di una cinquantina di chili.(vedi foto)

Uno squalo di dimensioni enormi con un sol boccone ha portato via più della metà di quel capolavoro della natura.

Quanto accaduto ci lascia frastornati e reprime in noi quella smania che avevamo sempre di rimettere le canne in acqua, in quell'acqua che ora in superficie si è calmata, ma sotto di essa valgono le leggi naturali dei più forti, senza pietà per nessuno, specie dei più deboli, ancorchè in difficoltà.

 

Riprendiamo la pesca. Ora le cose vanno molto meglio. Siamo passati al vertical jigging riusciamo a catturare diverse cernie, Il mio compagno tira in barca una cubera prossima ai 50 chili che Nelson ci chiede di non rilasciare per farne "comida".

Poi nel pomeriggio arriva un tonno pinna gialla e alcuni sierra

Ne catturiamo un paio sui quindici kg.

Prima del ritorno ci mettiamo a bolentino innescando sarde.

Catturiamo ancora cernie poi ruvie. Queste purtroppo hanno eccitato alcuni squali nutrice che a un certo punto aggrediscono senza pietà le lenze nel ricupero.

 

E' stata una giornata indimenticabile, una di quelle giornate che rientreranno sempre nei ricordi migliori della nostra vita.

Le fotografie di quelle catture ci consentono di rendere sempre attuali quei magici momenti.

 

Borgianca

 

 

 

15 Aprile - 2009